domenica, maggio 07, 2006

La semeiotica neuroevolutiva

Nonostante gli enormi progressi degli ultimi 20 anni nelle tecniche di neuroimmagine e di neurofisiologia, che consentono una sempre maggiore definizione diagnostica e prognostica delle lesioni del SNC sia a livello fetale, che neonatale e del lattante (Levene et al, 2001), la valutazione clinica neuroevolutiva mantiene il suo ruolo centrale per personalizzare il giudizio diagnostico e prognostico e guidare l’intervento assistenziale abilitativo e riabilitativo. Il lungo percorso di studio, ricerca clinica, ipotesi interpretative e proposte semeiotiche di Adriano Milani Comparetti ed Anna Gidoni (1967, 1971, 1976, 1978), rappresenta tutt’oggi una solida base per tutti gli operatori impegnati in questo settore. In particolare consente una valutazione critica delle molte proposte di esame neurologico fetale, neonatale e del lattante oggi esistenti, all’interno di una specifica cornice interpretativa fondata sui concetti della medicina della salute, della semeiotica della normalità e del profondo rispetto per il bambino, il suo protagonismo e la sua forza autopoietica.

La motricità fetale
Ricordo come un punto particolarmente rilevante di questo percorso fu la scoperta della motricità fetale, resa possibile dall’incontro con gli ostetrici Ianniruberto e Tajani di Terlizzi nella seconda metà degli anni ’70, che ebbe almeno tre effetti fondamentali in questo percorso:
1. La conferma delle ipotesi sul significato funzionale del comportamento motorio neonatale, che Milani e Gidoni avevano già proposto di differenziare in funzioni propriamente fetali (locomozione fetale e propulsione, servite per trovare la giusta presentazione e partecipare attivamente al travaglio), quelle necessarie alla sopravvivenza neonatale (Moro, grasp e competenze motorie per l’alimentazione) e quelle emergenti per le funzioni di vita extrauterine (primo tra tutti il controllo assiale antigravitario). Ciò ha portato alla interpretazione funzionale della motricità funzionale fetale (Milani Comparetti, 1981), ipotesi che oggi trova sempre più sostenitori, ha rinforzato il riconoscimento della partecipazione attiva del feto nel determinismo del travaglio e del parto e quindi le raccomandazioni per la valutazione prenatale della salute fetale e la prevenzione del danno ipossico-ischemico perinatale.
2. La consapevolezza che lo sviluppo motorio non avviene per graduale maturazione di movimenti dapprima grossolani o poco specifici, bensì attraverso la precoce produzione endogena di pattern motori geneticamente determinati (meccanismi di autopoiesi e feed-forward), già tutti disponibili a 20 settimane di età gestazionale e chiamati pattern motori primari, e la loro successiva utilizzazione funzionale, secondo un meccanismo modulare epigenetico, fino alle “funzioni delle funzioni motorie” nella funzione comportamentale che a sua volta si propone nell’interazione relazionale e sociale. Su ciò si fonda la nuova proposta semeiotica del 1982 (vedi sotto).
Come ricordava Milani (1985) poi, “la modularità e l’epige¬nesi sono riconoscibili ben oltre il solo siste¬ma della motricità e riguardano anche i siste¬mi percettivo, emotivo, cognitivo e anche interattivo. È anzi legittimo allargare il campo della modularità epigenetica anche a categorie dell’essere come la coscienza, l’inconscio, il rapporto io-mondo e io-tempo, il doppio statuto soggetto-oggetto del corpo e tante altre. Tutto questo repertorio innato è evocabile dall’esperire epigenetico secondo il modello interattivo”.
3. L’origine fetale dell’essere persona e dell’appartenenza al mondo, basata sull’ipotesi che nella continuità dello sviluppo l’origine della persona, così come della relazione, è prenatale (Milani Comparetti, 1985). Ciò fu al centro di fertili incontri e discussioni multidisciplinari negli anni ’80, con psichiatri, psicoanalisti, psicologi e filosofi della scienza, che ispirarono i suoi ultimi lavori tra cui l’ultimo, uno dei più belli ed intensi, sull’origine dell’essere persona ed il segreto del neonato (Milani Comparetti, 1986).

Un punto di arrivo
L’ultima proposta di semeiotica neuroevolutiva di Milani Comparetti (1982), costituisce il punto di arrivo di questo percorso, fondato su un’impostazione concettuale che è stata un modello di riferimento anche per nuove proposte che si sono arricchite via via di nuovi aspetti. Essa differenzia la valutazione della motricità non funzionale (pattern motori primari) da quella con significato funzionale (automatismi primari e secondari), la modulazione del comportamento e gli aspetti relazionali, privilegiandone gli aspetti qualitativi. Gli stessi assi di valutazione possono essere utilizzati nel corso dei primi mesi ed anni di vita arricchendoli via via delle competenze funzionali proprie delle varie età.
La semeiotica neuroevolutiva si differenzia dalla semeiotica neurologica tradizionale, anche dalle proposte più recenti (Mercuri et al, 2005; Dubowitz et al, 2005; Gosselin et al, 2005), per alcuni aspetti:
a) Il privilegio per la valutazione di funzioni dello sviluppo del S.N.C. (la semeiotica tradizionale dei riflessi e del tono, che non sono espressione di funzioni evolutive, ha una sua utilità in un’ottica di diagnostica lesionale o come completamento diagnostico in quadri patologici periferici).
b) La valutazione di tre aspetti del SNC con diverso significato: lo stato attuale, il potenziale evolutivo e la modificabilità. Il primo consentirà prevalentemente di formulare un’ipotesi diagnostica e quindi una prognosi ad essa collegata (prognosi della malattia). Il secondo, che privilegia l’esame delle funzioni dello sviluppo e dei suoi precursori, avrà innanzitutto un potenziale prognostico. Il terzo infine, oltre che un potenziale prognostico, rivestirà implicazioni per interventi di tipo abilitativo e riabilitativo.
c) Il privilegio per la ricerca e la valutazione della normalità. Un giudizio sul potenziale di sviluppo del bambino, cioè la prognosi di sviluppo (prognosi del bambino), si fonda sulla valutazione della prevalenza o meno nel tempo della normalità nell’uso funzionale del repertorio (semeiotica della normalità e prognostica, più che della patologia e diagnostica).
e) L’esame delle proposte e non delle risposte del bambino a stimoli, dando priorità alla osservazione dei comportamenti spontanei del bambino all’interno della relazione che, in condizioni ottimali, è sufficiente a consentire un esame neuroevolutivo completo. Una caratteristica fondamentale del processo di sviluppo è il protagonismo dell’essere vivente che “si proietta nel mondo e crea se stesso con la propria competenza propositiva”.

Studi recenti
Questa proposta semeiotica è stata da noi successivamente modificata (Rapisardi, 1994, 1999) aggiungendo l’asse di valutazione neurovegetativo, con la ricerca dei segni di stabilità ed instabilità di esso secondo le proposte di Brazelton ed Als (Brazelton and Nugent, 1997; Als, 1982), e con l’integrazione della valutazione della qualità del movimento generalizzato quale aspetto prioritario della motricità non funzionale fino a 4-5 mesi di età post-termine. Quest’ultimo metodo di valutazione, proposto da Prechtl e successivamente validato da vari studi (Prechtl, 1990; Prechtl et al, 1997; Cioni et al, 1997, 2003; Guzzetta et al, 2003), possiede un notevole valore diagnostico e prognostico della patologia neurologica perinatale.
La semeiotica neuroevolutiva è una metodica semplice e non invasiva che può essere utilizzata da diversi specialisti; mira a cogliere i punti di forza e le eventuali difficoltà del bambino e dei suoi genitori nell’accudimento, sia nei casi di normalità che in quelli patologici, da poter poi utilizzare nell’intervento mirato a sostenere e promuovere lo sviluppo psicomotorio all’interno della famiglia. L’intervento è centrato sul sostegno delle competenze genitoriali e sulla promozione di quelle di auto-organizzazione neurocomportamentale del bambino mediante l’arricchimento dell’ambiente in cui il bambino vive e si sviluppa, secondo i principi della family centered developmental care (Harrison, 1993).
Gherardo Rapisardi (articolo pubblicato su Il Nuovo anno 10 n°1)