venerdì, aprile 28, 2006

Adriano Milani Comparetti e l'educazione

Nel secolo scorso, fino alla fine degli anni 50, giungendo ai primi tempi del lavoro di Adriano Milani Comparetti, il sistema educativo costituiva la principale risorsa professionale operativa ed organizzativa, di solito istituzionale, per aiutare i bambini e i ragazzi disabili o con disturbi del comportamento. Pertanto, in seguito al disastro sociale del secondo conflitto mondiale, la Commissione per l’intervento sui minori della Croce Rossa Internazionale (componenti Jean Piaget, Renè Spitz, Hans Hoxter, Ernesto Codignola, e altri) fece nascere nell’immediato dopoguerra istituzioni educative con speciale qualificazione quali il Centro Italo Svizzero di Rimini, diretto da Margherita Zebeli e la Scuola Città Pestalozzi di Firenze, diretta di fatto da Maria Melli Codignola. Nel ‘64 nasceva a Firenze la Scuola Materna Margherita Fasolo, strettamente collegata con i CEMEA (Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva), che ha sempre accolto anche bambini in grave difficoltà. Per mezzo secolo tali strutture guidate da eminenti Educatori, si sono distinte nella cura del disagio sociale e relazionale dei bambini e dei ragazzi, nella loro integrazione sociale e nella formazione degli educatori. Queste istituzioni educative, fondate sui Metodi dell’Educazione Attiva, hanno dato un contributo essenziale, non solo alla riduzione del disagio e del disadattamento di moltissimi bambini e ragazzi ma anche alla formazione di diverse generazioni di cittadini, di educatori, di operatori sociosanitari e di famiglie. Tuttavia i CEMEA, fautori di un credo educativo basato sui principi di giustizia e libertà non realizzarono, nella maggior parte dei Paesi, un cambiamento educativo determinante sulla medicina. Si veda come tuttora in Francia, patria dei CEMEA, i bambini con problemi vengono raccolti prevalentemente in internato negli Istituti Medico Psicopedagogici e come l’organizzazione estremamente repressiva caratteristica della prassi psichiatrica di quel Paese, sia stata solo marginalmente mitigata dai CEMEA francesi, che pure hanno condotto in campo psichiatrico interventi socioeducativi importanti e sistematici.
L’esperienza italiana
In Italia invece l’influenza di esperienze educative condivise con i CEMEA non solo ha contribuito in modo determinante alla maturazione sociale e alla legislazione per l’integrazione scolastica dei disabili, indubbiamente la più aperta del mondo, ma ha avuto anche un ruolo decisivo nella modificazione della prassi sanitaria per l’età evolutiva.
In particolare a Firenze, i CEMEA, mediante la loro strenua attività, basata su concetti e prassi fondanti dell’educazione attiva, hanno sviluppato la loro influenza sul campo medico dell’età evolutiva principalmente in quanto il messaggio è stato partecipato dal pensiero di Adriano Milano Comparetti e dei suoi collaboratori investendo per cinquant’anni il campo nazionale ed internazionale della riabilitazione neuromotoria e dell’integrazione sociale dei disabili.

L’intervento di équipe
Il metodo interdisciplinare ha avuto come presupposto metodologico la discussione dei casi, denominato in medicina “audit”, ma esso sarebbe risultato inutile se caratterizzato dal prevalere d’ufficio del potere esecutivo del direttore sul ruolo propositivo degli altri componenti della struttura, o del potere clinico del medico su quello pedagogico dell’educatore oppure del potere sanitario dell’infermiere o del terapista su quello civico del paziente. Nell’ambiente di Milani il metodo interdisciplinare non è consistito nella confezione per il malcapitato bambino di un abito da arlecchino risultante dal collage dei differenti interventi ultraspecialistici, con lo stolido orgoglio, magari, di averlo confezionato su misura.
Purtroppo nella medicina contemporanea il paziente è spesso costretto ad integrare con affannosa incompetenza i diversi risultati clinici e le proposte di cura, figuriamoci quanto un bambino disabile possa essere in grado di integrare i diversi interventi diretti al miglioramento della propria salute e della propria autonomia. Certamente non è stato facile per le strutture sanitarie andare contro corrente alla tendenza delle varie Amministrazioni, inclini ad incentivare la conflittualità fra le diverse professioni – divide et impera – determinando nei professionisti grandi difficoltà dinamiche, inutili riunioni e risultati non di rado tracotanti e rinsecchiti, sulla base del principio di Cosimo il Vecchio secondo il quale l’intelligenza deve star lontano dalla politica.
Probabilmente la stessa visione del mondo, opposta alla tirannide, e per la quale si considerano i bambini ed i ragazzi nella loro completa dignità di persone, qualsiasi siano la loro origine, malattia o disabilità, impone di dirigere le strutture privilegiando la salute delle persone rispetto ad ogni altra considerazione o vantaggio di potere.
Milani è stato convocatore e guardiano delle procedure rispetto allo staff interdisciplinare, affinché fossero privilegiate le soluzioni più utili al caso, indipendentemente dal ruolo di chi le aveva proposte. Questi presupposti della prassi di audit hanno reso permeabili al contributo educativo dei CEMEA le strutture sanitarie della Croce Rossa.

Educazione allo spirito
democratico
Immediatamente dopo la liberazione Adriano Milani Comparetti fu membro del Direttivo CEMEA, insieme con Margherita Fasolo, Enzo Enriquez Agnoletti, Tristano Codignola, Furno, Edoardo Detti. L’intimo rapporto fra la visione del mondo dei CEMEA e la Resistenza alle dittature dell’Europa Occidentale costituisce una garanzia anche attuale per la missione educativa allo spirito democratico (il primo Stage dei CEMEA in Italia fu nel ’51).
Milani ha avuto contatti con esponenti francesi dei CEMEA provenienti dalla Resistenza Francese come lo psichiatra Leguilleant e sua moglie Irondelle (nome di battaglia da partigiana) promotori della riforma psichiatrica del 13° Arondissement di Parigi e nel tempo ha avuto profondi scambi con grandi educatori, come Margherita Fasolo, Dina Parigi, Margherita Zebeli, Marcello Trentanove, Aldo Pettini, poi Borghi e Tassinari ed alcuni componenti del CEMEA hanno fatto parte dello staff di Milani, soprattutto per quanto riguarda il corpo docente, costituito essenzialmente da educatori appartenenti ai CEMEA: fra questi Lina Mannucci, Neda Battilocchi, Maria Teresa Tassinari, Liliana Basile, Anna Miceli, Flora Turini ed altri. L’attività di questi educatori nello staff costituì una costante spinta per accelerare il processo dalle modalità organizzative dell’educazione istituzionale all’integrazione dei bambini disabili, in quanto le loro attente valutazioni tecniche globali documentavano la riduzione delle potenzialità dei bambini determinata dalle problematiche di separazione dalla famiglia e dallo sradicamento dall’ambiente.
Pertanto Milani nasce culturalmente dalla doppia matrice medico pediatrica ed educativa.

Educazione motoria
I principi educativi apportati dai CEMEA hanno contribuito al pensiero di Milani per quanto riguarda:
- la prassi e l’evoluzione dell’organizzazione delle strutture neuroriabilitative
- l’evoluzione concreta delle istituzioni guidate da Milani. La deistituzionalizzazione. La denominazione dell’”ultimo” Centro da lui diretto: Centro A. Torrigiani di Educazione Motoria, piuttosto che di rieducazione o riabilitazione e sul pensiero teoretico che riconosceva l’importanza del gioco nella riabilitazione, la centralità del bambino, soggetto e non oggetto della educazione motoria, la critica alla riabilitazione emendativa, intesa a rammendare pazientemente e inutilmente i buchi delle funzioni.

Umanizzazione dell’assistenza
I comportamenti sociali implicati nelle professioni sono regolati da norme etiche, come l’insuperato giuramento d’Ippocrate e dalle norme degli ordini professionali che hanno titolo di comminare la sospensione o l’espulsione dall’esercizio professionale, a parte le devianze di pertinenza penale e civile. Ma quello che è lecito o meno non riguarda solamente le eccezioni codificate dalla giurisprudenza e dagli statuti, ma piuttosto l’ingresso, nell’ambito professionale, di consuetudini e di prassi più evolute, civili, adeguate.
Sempre molto utile sottolineare il contributo storico ed attuale di Milani sul mondo sanitario per il superamento del valore e del concetto di umanizzazione dell’assistenza. Se trasponiamo il concetto di umanizzazione dall’assistenza sanitaria all’educazione scopriamo quanto sarebbe mostruoso parlare di umanizzazione dell’educazione.
Nel regime culturale della pietà il malato “deve” dimostrarsi debole e paziente per ottenere il diritto alla pietà di essere curato. Il riconoscimento del suo essere disuguale, inferiore a chi lo cura, costituisce l’atteggiamento o il presupposto necessario per l’accesso alle cure stesse. Così come di solito in molte scuole, chi vuole passare “deve” presupporsi ignorante e remissivo, requisiti necessari per acquisire il diritto ad essere approvato.
In Toscana l’influenza dei CEMEA sul pensiero di Adriano Milani Comparetti ha investito per trent’anni il campo nazionale ed internazionale della riabilitazione neuromotoria. Il messaggio principale di Milani è che chi impara a muoversi è il soggetto e non oggetto dell’educazione. Il sapere costituisce la risposta a domande di cui tutti siamo traboccanti. Chi opera deve aprire e mantenere un clima nel quale scaturiscono le domande di chi deve imparare. Il messaggio di Milani di cui siamo stati testimoni partecipi, è che la qualità fondante, cioè umana, non è diversa nel curante e nel paziente nel loro percorso dell’esistere, del crescere e del conoscere.
Tale criterio ci ha fatto ricondurre, applicare la riflessione dal docente al medico e dall’allievo al malato il principio ippocratico che “il medico non cura il malato, ma gli insegna a curarsi”, che ha molto a che vedere con una trasposizione dei principi dell’Educazione Attiva alla Medicina. Ma allora il mandato, diretto al personale ed all’ambiente sanitario di umanizzarsi, di cercare di essere umani con il paziente, riguarda un’etica di coscienza personale, chiusa nella soggettività solitaria della coscienza del medico, con una ricaduta “graziosa” sui malati, che dichiarano di accettare inferiorità e sottomissione. Ma la dichiarazione o l’ammissione d’inferiorità, non solo non è necessaria, ma conduce decisamente tutto il rapporto medico paziente fuori strada.
Essa infatti allontana il paziente e la famiglia da una posizione di parità umana col medico, che è il prerequisito dell’interazione e della partecipazione. E poi, visto che il paziente dovrebbe idealizzare il medico, da un punto di vista psicopatologico sappiamo bene che qualsiasi processo di idealizzazione sottende necessariamente la successiva caduta degli dei.
Per lo stesso motivo per cui Milani chiuse gli Istituti di Villa Betania e dell’Erta Canina, fu un importante assertore della necessaria presenza dei genitori nei Centri e negli Ospedali per bambini, partecipando con fervore alla guerra dei primi 5 anni ’70, che terminò con l’ingresso dei genitori ad assistere i propri figli in ospedale.
Grande fautore dell’integrazione scolastica dei bambini e dei ragazzi disabili, Milani fu probabilmente il primo studioso medico a dimostrare che non ci poteva essere riabilitazione tecnica in età evolutiva senza una contemporanea riabilitazione sociale.
Massimo Papini, Lina Mannucci (articolo pubblicato su Il nuovo anno 10 n° 1)