domenica, aprile 23, 2006

Itinerari scientifici nel pensiero di Adriano Milani Comparetti

Lo studio del movimento
Per introdurci allo studio del pensiero di Adriano Milani ci sembra significativa la citazione di Sherrington: “Il viaggio della scienza non ha fine. Ha solo luoghi di sosta, punti dove il viaggiatore si guarda intorno e ripensa”1.
Lo studio del movimento è stato il perno centrale attorno al quale, cambiando via via l’osservatorio, Milani ha trovato interrogativi e risposte, quasi un leit motif armonizzato e modulato in ondate preogressive, via via che le sue riflessioni e conclusioni si intrecciavano con i pensieri affluenti di altri studiosi e operatori.
In questo senso fu straordinariamente significativo il suo incontro con Brazelton, favorito dalla intuizione di Renata Gaddini che, conoscendo sia l’uno che l’altro, suggerì il loro incontro, dopo che già Milani aveva introdotto in Italia il video di Brazelton sull’esame neurologico del neonato.
In quell’epoca negli ambienti scientifici grande era, e ben meritata, la fama delle scuole di neuropediatria francese e olandese. Ma Milani e Brazelton, ciascuno separatamente, avevano colto la necessità di affrontare il tema da un punto di vista squisitamente evolutivo, senza per questo disconoscere la indispensabilità di una precisa e sofisticata semeiotica lesionale.
Infatti all’imperativo diagnostico si sovrapponeva la pressione della urgenza prognostica, via via che si faceva strada fra i pediatri la consapevolezza della carenza di strumenti atti a fornire la base per una prognosi evolutiva.

La semiotica positiva
Ecco nascere dunque la semeiotica positiva, ossia lo studio dei segni utili a decifrare, scoprire ed evocare le competenze e le risorse del neonato. Per raggiungere questo obiettivo era necessario che l’esaminatore si collocasse in una posizione di rapporto con il neonato e con il piccolo bambino, ossia che si rendesse capace di interagire in una dimensione relazionale sincera ed empatica.
Va anche aggiunto che il concetto base di “lavorare con le competenze del bambino” era già nella filosofia Bobathiana e nel sistema di Petoe, da tempo ben presenti nel panorama riabilitativo.
Entra così in gioco la dimensione contestuale, sia in senso fisico che relazionale, anche stimolata dall’interesse che via via veniva nascendo e consolidandosi da parte della psicologia, che finalmente non aborriva più l’organico come non appartenente al suo campo d’azione, ma riconosceva l’unità psicobiologica del bambino, così come d’altra parte il mondo spesso alquanto meccanicistico della fisioterapia scopriva la potente interferenza dei fattori psichici e relazionali nella evoluzione dei bambini.

La cartella neuroevolutiva
La cartella neuroevolutiva e gli indici di modalità relazionali nascono come codici di decifrazione del trend evolutivo del bambino. Rispetto alle numerosissime scale di valutazione dello sviluppo hanno la caratteristica non solo di contenere items in numero minimo, necessario e sufficiente, ma soprattutto di essere rilevati in modo tale da riflettere le intrinseche correlazioni interattive permettenti l’emergere delle funzioni. Lo strumento base dell’esaminatore essendo la motoscopia, ossia l’osservazione della configurazione spazio-temporale del movimento.
La conoscenza e le modalità di utilizzazione di questi strumenti di diagnosi di sviluppo costituivano l’oggetto della formazione degli operatori (medici, terapisti, infermieri) nei seminari che rispondevano a un bisogno di chiarezza e di rigorosa semplicità da parte di operatori frastornati dalla fioritura e utilizzazione selvaggia di metodi di valutazione e di trattamento incomunicabili fra loro.

La formazione
Il lavoro di formazione si è svolto in una notevole mole di attività didattica, attraverso i Seminari che hanno visto passare al Centro Torrigiani diretto da Milani almeno 1200 allievi. E questa attività didattica, in atto da subito all’apertura del Centro con corsi specifici per terapisti e insegnanti, si è evoluta nel tempo.
Non la trasmissione di contenuti di una “scuola”, di un “metodo”, ma piuttosto la condivisione delle osservazioni emergenti nella clinica e nella elaborazione teorica con coloro che erano coinvolti direttamente nell’operare con i bambini. Così i partecipanti erano presenti alle visite, ai colloqui con i genitori e alle discussioni “in assenza”, durante le quali le loro competenze non erano oscurate e sopaffatte da una verità rivelata, ma accolte come fertili contributi al lavoro diagnostico e prognostico.
C’era libertà di registrare, in un insegnamento che non aveva nulla del carattere ritentivo, iniziatico di altri ambienti; se ritrovava le sue parole nelle pubblicazioni di qualcuno, Milani diceva soltanto, in tutta sincerità: “Si vede che gli sono piaciuto, no?”
La sua attività di consulenza clinica era comunque sempre didattica, e per questo si può dire che abbia avuto molti più allievi o quantomeno ascoltatori di quanti non risultino dai registri ufficiali dei Seminari del Torrigiani e della Scuola di Specializzazione in Neuropsichiatrria Infantile dell’Università di Firenze, essendo stato consulente di molti servizi in altre regioni.
Non gli piaceva che si parlasse di un “metodo Milani”, e ci teneva a definire la sua proposta una “metodologia”:e si può dire che la sua diffusione e il consenso derivassero dalla idoneità a corrispondere alle esigenze cliniche con rigore scientifico, pur lasciando largo spazio all’individualità dell’operatore.

I terreni confinanti
Impossibile riepilogare qui le molte avventure conoscitive di Milani, in collegamento intrecciato con altre discipline, in esplorazione degli attrattori dominanti nella cultura neuropediatrica: ma come ricercatore sul campo dai terreni confinanti riportava sempre al campo-base i reperti, le deduzioni, le teorizzazioni, rimanendo sempre sostanzialmente pediatra. Medico del bambino, che è andato a scovare fino alla culla prenatale in una spedizione entusiasmante con il gruppo di ostetrici guidato da Janniruberto e in stretta collaborazione con Tajani, un terreno perfetto per continuare in via retrograda, dal neonato al feto, gli studi sul movimento. Nacquero così i lavori sulla interpretazione funzionale dei movimenti fetali, ancora oggi letti, commentati e citati come fondamentale contributo sull’argomento. Suscitarono l’interesse di psicoanalisti e psicoterapeuti, che attraverso i lavori di Milani trovarono l’accesso all’affascinante tema “quando nasce la vita psichica?” E ai numerosi Convegni sul tema, Milani sempre ribatteva : “non quando ma COME?”
Cerca egli stesso la risposta, con gli ultimi scritti sull’ontogenesi dell’identità personale, in un crescendo di insight che forse non a caso hanno di poco preceduto il suo svanire dalla scena del nostro mondo.
M. Luisa Fantini, E. Anna Gidoni (articolo pubblicato su Il Nuovo anno 10 n° 1)


1 Swazly,J.P.(1969), Reflexes and Motor Integration: Sherrington’s Concept of Integrative Action, Harvard University Press.