domenica, maggio 28, 2006

Crescita fisica e sviluppo psicologico

Gli insegnanti, i pediatri, gli psicologi sanno bene che ogni bambino, ogni ragazzo ha un proprio tempo di crescita fisica e di sviuppo psicologico. Questi due ritmi vanno di pari passo oppure sono indipendenti l’uno dall'altro? Le regole e le modalità con cui cresce il corpo sono le medesime con cui si sviluppa la mente? Esiste un modello unico dello sviluppo biologico e dello sviluppo psicologico oppure i due fenomeni si svolgono secondo modelli diversi? La domanda può essere posta anche nel modo seguente: "Con le attuali conoscenze, e possibile formulare una teoria generale della crescita e sviluppo?"

Prime ricerche
Nell'Ottocento e per gran parte del Novecento, l'applicazione dei medesimi metodi di ricerca - i metodi statistici - sia alle ricerche sulla crescita fisica sia a quelle sullo sviluppo psicologico, a partire da Quetelet, Galton e Pearson, ha spinto gli studiosi verso il tentativo di elaborare un modello generale che comprendesse tutti gli aspetti dello sviluppo, in particolare quello somatico e quello psicologico. A metà del '900 vi fu un'importante iniziativa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale riunì un gruppo di scienziati allo scopo di individuare un modello generale di crescita fisica e psichica del bambino e dell'adolescente; lo studio si svolse fra il 1953 e il 1956. Nel gruppo erano rappresentate le seguenti discipline: fisiologia, biologia umana, auxologia, psicologia, psicoanalisi, psichiatria, etologia, antropologia culturale. Ne faceva parte Piaget. La costituzione del gruppo fu il risultato di un movimento, nato e sviluppatosi negli Stati Uniti. L'auxologo J.M. Tanner, in un libro pubblicato nel 1981, scrive che tale movimento fin dall'inizio si dedicò "filosoficamente" allo studio del "whole child". Quando fu fondata la rivista "Child Development", espressione del movimento, nel 1939 - continua Tanner - tre dei sei condirettori erano psicologi (gli altri tre erano un anatomico, un biochimico, un pediatra). Ma con gli anni il concetto di "whole child" non dette frutti e le discipline si separarono: dal 1960 la rivista si dedicò esclusivamente alla psicologia e sociologia, le questioni biologiche si trasferirono sulla rivista "Human Biology".

Piaget, portavoce
Dalla monografia "Child Development 1956" si ricava che il gruppo, di cui era portavoce Piaget, aveva rilevato una serie di caratteri comuni ai vari aspetti della crescita: innanzitutto i fattori che influenzano la crescita - genetici, ambientali (fisici e sociali) - e la loro interazione. Piaget parla anche di un fattore comune di equilibrio che regola soprattutto le interrelazioni. Si era parlato a lungo di stadi di sviluppo. Piaget dice che non c'era stato accordo fra biologi, psicologi e sociologi né sulla presenza di stadi né sulla loro definizione. Non vi fu concordanza sulla risposta alla domanda: "Esistono stadi di sviluppo oppure esiste un continuum senza salti né crisi?" Quanto alla definizione di stadio, per alcuni uno stadio è definito dalla caratteristica dominante (es. stadio orale di Freud), per altri dalla presenza di una struttura completa. Scrive Piaget: "Se gli stadi esistono oggettivamente, non possono che consistere di successivi gradi o livelli di equilibrio, separati da una fase di transizione o crisi, e ciascuno caratterizzato da una momentanea stabilità".
Un'altra domanda cruciale, posta da Piaget, è: "Se esistono stadi, si tratta di stadi generali, che includono al tempo stesso, per ogni livello, la totalità degli aspetti di sviluppo organici, mentali e sociali?" La risposta a questa domanda fu: "Non ci sono stadi generali. Già a livello biologico non ci sono strette relazioni fra vari aspetti (es. età ossea, età dentale ecc.)". Il gruppo si dimostrò concorde: non esistono stadi generali. Un'altra domanda che il gruppo formulò è se nell'ipotesi dell'esistenza di stadi somatici e psicologici, separati fra loro, esistano meccanismi comuni. "Una convergenza si può trovare nel meccanismo di transizione da uno stadio a quello successive cioè in certe caratteristiche del meccanismo di sviluppo", alle quali accenneremo.

Un contributo italiano
Della possibilità di formulare una teoria generale della crescita si è parlato in Italia nel 1983 in un congresso nazionale dell'Associazione Italiana di Auxologia Sociale e in un gruppo interdisciplinare, i cui contributi sono stati pubblicati a cura di Andrea Smorti in "Età Evolutiva" nel 1988. Un membro del gruppo, Sergio Caruso, alla domanda se ha un senso porsi da un punto di vista interdisciplinare alla ricerca di una teoria generale della crescita, risponde: "Sì, se si utilizza la teoria generale dei sistemi". Tale teoria, infatti "sembra potersi applicare alla descrizione di tutte quelle processualità, per quanto complicate, che rientrano nella definizione di 'un complesso di elementi in relazione di interdipendenza' ". Per quanto riguarda la crescita si può parlare di sistema aperto e complesso, con un rapporto d'interazione coordinato con l'ambiente esterno, con una connotazione probabilistica.

Continuità e discontinuità
Il gruppo si era posto, in partico-are, il problema della continuità e discontinuità del processo di crescita. Scriveva Graziella Magherini: "Discontinuo e continuo sono riconoscibili entrambi in situazioni ed eventi della psicoanalisi e dell'auxologia, situazioni ed eventi che si comportano come variabili." "Per quanto riguarda il punto di vista psicoanalitico - continuo a citare - possiamo considerare come funzioni continue tutti quei processi trasformativi che costituiscono la crescita mentale dell'analizzando, vale a dire le vicende fantasmatiche ed emozionali che emergono e si succedono nel tempo all'interno della relazione analitica e che permettono i processi di separazione ed individuazione ed il progredire verso livelli piu ampi e simbolizzati della conoscenza di sé." "La crescita mentale - continua Magherini - sembra dunque potersi definire come un processo di tipo continuo che, nei momenti di elaborazione, insight e resistenza, si caratterizza secondo gradi diversi di velocità."

Modello unico?
Le conclusioni che possiamo trarre da quanto abbiamo detto sono le seguenti.
Non sembra che i vari aspetti della crescita possano essere ricondotti ad un modello unico, meno che mai se per modello si intende un modello matematico. Al contrario si nota una corrispondenza tra i fattori di crescita. Forse esiste un'unica tipologia dei fattori che influenzano la crescita in tutti i suoi aspetti: fattori genetici, dispersi su molti cromosomi, diversi per quanto riguarda la velocità di crescita e lo status raggiunto; ambientali, che possono agire anche attraverso piccole impercettibili influenze che si sommano nel tempo; fattori di equilibrio (o coefficienti di interrelazione) che determinano i limiti entro cui hanno libertà di muoversi i vari fattori.

Stadi di sviluppo
Piaget ipotizza che esistano stadi sia nello sviluppo psicologico sia in quello somatico e che tali stadi abbiano in comune il meccanismo per il quale si passa dall'uno all'altro. Questa ipotesi è suggestiva, specialmente se si pensa al rapporto fra variazioni di velocità di crescita e acquisizione di nuove funzioni (ad esempio relazione tra accelerazione della crescita alla pubertà e nuovo assetto endocrinologico, sviluppo sessuale e psicologico).

Suggestioni
Suggestioni interessanti provengono oggi anche dallo sviluppo della genetica, della endocrinologia, della biologia molecolare. L'incredibile groviglio di cascate di relazioni fra innumerevoli sostanze, fra codici, trasmissioni di messaggi, recettori - che ha reso sempre più complesso anche il rapporto fra geni e ambiente - rende plausibile come basti una variazione in un punto qualunque dell'intreccio per giungere a un diverso risultato finale. Vi è la possibilità di ottenere risultati diversi per cause minime. E, al tempo stesso, a rendere particolare lo sviluppo di ciascun soggetto - fanciullo o adolescente - acquistano sempre maggiore rilievo i meccanismi di "riparazione", che vengono introdotti dagli adulti: medici, insegnanti, psicologi, genitori.
Ivan Nicoletti