mercoledì, ottobre 12, 2011

La musica è finita?

"Il nuovo" in forma cartacea non uscirà più, la crisi non ci ha risparmiato. Continueremo, comunque, a pubblicare su questo blog con una maggiore continuità, iniziando con un articolo sulla musica destinato al giornale.

La musica è finita?

Ecco...
la musica è finita,
gli amici se ne vanno,
che inutile serata, amore mio,
ho aspettato tanto per vederti
ma non è servito a niente.

(Nicola Salerno - Franco Califano - Umberto Bindi)

Chi di voi ricorda questa splendida canzone portata al successo da Ornella Vanoni ma cantata anche da Mario Guarnera, Franco Califano, Mina, Massimo Ranieri, Umberto Bindi, Orietta Berti e addirittura, in una versione inglese intitolata Our Song, da un insospettabile Robert Plant pre Led Zeppelin.
E se la musica fosse finita veramente?
Molti segnali lo fanno credere, certamente non la musica in senso lato bensì la musica come la intendiamo noi e come siamo stati abituati ad intenderla. Cioè la composizione musicale allo stato puro, destinata unicamente all’ascolto e non a elemento di decoro per altri tipi di manifestazione.
Il concetto di musica come ascolto ricreativo è comunque relativamente recente ed è riconducibile al rinascimento, laddove in precedenza era legata ad altri aspetti della connivenza sociale: presso gli ebrei le orchestrine suonavano in occasione dei matrimoni e di altri festeggiamenti, presso i greci i gruppi musicali sottolineavano le azioni degli attori nei teatri, presso i romani le bande seguivano d’appresso la marcia degli eserciti, senza contare il ruolo avuto dalla musica sia nella preghiera sia nei baccanali goliardici e profani.
Ma anche dopo il rinascimento è proseguito un utilizzo della musica quale accessorio, ad esempio nelle feste da ballo o attraverso fenomeni particolari come la tafelmusik (una musica da tavola utilizzata come sottofondo durante feste e banchetti).
Un cambiamento radicale s’è poi avuto con l’avvento della società industriale, mentre la nobiltà di fatto sponsorizzava (e manteneva) i musicisti a puro scopo filantropico, e/o per soddisfare la propria passione per le arti, con l’avvento della borghesia si è affermato il nuovo concetto di musica quale fenomeno commerciale (le istituzioni pubbliche e numerose fondazioni hanno tentato di sostituire il ruolo svolto in passato dalla nobiltà con risultati altalenanti).
È così che per i musicisti, e per gli artisti in generale, s’è reso necessario lavorare su più fronti per una pura questione di sopravvivenza. Il musicista americano Charles Ives risolse la questione attraverso la dicotomia assicuratore (come lavoro) / musicista (nel tempo libero). Altri si sono piegati alle nuove regole del sistema lavorando per il cinema, la televisione e la pubblicità. Per tutte quelle situazioni, cioè, che abbisognano di una musica quale accessoriato.
Lo sviluppo dei sistemi informatici ha poi portato ad un ulteriore aumento di quei meccanismi, dai videogiochi alle sonerie dei cellulari, che necessitano di una propria colonna sonora.
Quello che si va così configurando è un tipo di musicista che sembra conoscere, più ancora del pentagramma, i meccanismi della programmazione elettronica.
La musica che ci attende sembra quindi essere più che altro un accompagnamento alle nostre azioni quotidiane e, perché no, anche qualcosa studiato appositamente per conciliare e rendere più rilassante il nostro sonno.
E, indovinando anche quale sarà il funzionamento del mondo computerizzato, non si presenterà più come opera compiuta ma come un abbozzo destinato ad essere modificato a proprio gusto, uso e consumo durante il suo passaggio di mano in mano. Quello che oggi viene definito remix altro non sarebbe così altro che una prefigurazione di quello che sarà il prossimo futuro.
Ma in fondo è in questo modo, con le progressive modifiche avvenute durante il passaparola, che in passato si sono formate le più inossidabili leggende.
E quindi, seppure alcuni meccanismi possano essere trasferiti da un settore all’altro delle attività umane, alla fin fine non c’è niente di nuovo.
Quale modo migliore di chiudere questo breve excursus con il testo di un'altra nota canzone (con la quale I Camaleonti si piazzarono terzi al Cantagiro del 1967) che ben sintetizza quello che ho scritto e quello che intendo dire:
non c'è niente di nuovo
alla luce del sole
le rose sono sempre rosse
e verdi, i prati
non c'è niente di nuovo
per le strade del mondo
chi sogna resta
sempre indietro
e crede di vivere.
(Daniele Pace – Mario Panzeri)
Etero Genio