lunedì, febbraio 23, 2009

Nota sulla "malattia bipolare" nell'età evolutiva

La malattia bipolare, o disturbo bipolare, è una malattia a eziologia sconosciuta ma certamente multifattoriale. Molti studi degli ultimi anni hanno indagato in due direzioni: il ruolo dell’influenza genetica e ambientale nella sua genesi; il rapporto tra la forma clinica presente nell’infanzia e nell’adolescenza e quella propria dell’adulto, in altre parole, come evolve la malattia nel passaggio del soggetto dal periodo della crescita allo stadio adulto.
La malattia bipolare è considerata il quadro psichiatrico con maggiore matrice genetica e biologica. La prevalenza dei disturbi affettivi nei genitori biologici di figli con disturbo bipolare è maggiore di quella riscontrata nei genitori adottivi (un tasso di suicidio di 6-10 volte maggiore). Studi di linkage, di genetica e di ricerca molecolare indicano che i geni coinvolti nell’eziopatogenesi della malattia sono il 18q, il 21p, il 4p, l’Xq.
Si ritiene che i figli di genitori con disturbo bipolare presentino un rischio maggiore di contrarre un disturbo psichiatrico nel corso della loro vita. Tra i disturbi psichiatrici, per i disturbi dell’umore è riportata una prevalenza tra il 5 e il 67% (Geller, 2001), e in particolare del 15 % per la malattia bipolare (Chang et al, 2000; Hilligers, 2005). I figli di genitori con disturbo bipolare possono presentare labilità dell’umore, iperarousal, depressione che può evolvere in mania, rabbia/ irritabilità, ridotto bisogno di sonno, sintomi psicosomatici e difficoltà scolastiche. Uno studio condotto da Chang ha evidenziato che il rischio d’insorgenza di un disturbo bipolare è pari al 27% per i figli con uno dei genitori bipolare e addirittura al 74% se entrambi i genitori sono bipolari (Chang, 2007).
Studi condotti su gemelli monozigoti, figli di genitori con disturbo bipolare, evidenziano come la concordanza vari dal 33 al 90%, a dimostrare che le alterazioni geniche non sono l’unico fattore determinante la malattia. A sostegno di ciò sta l’assenza, attualmente, di correlazioni note tra componente genetica e variazioni fenotipiche del disturbo bipolare, oggi non più descritto solo nella forma classica. Il disturbo bipolare si presenta, infatti, con numerose varianti, tanto da giustificare il termine di spettro bipolare.
Negli ultimi decenni numerosi sono stati gli studi sul rapporto tra il disturbo bipolare in età evolutiva e quello in età adulta: continuità o discontinuità? (Chang, 2007). Il disturbo si presenta in maniera “atipica” in età prepuberale rispetto alla malattia dell’adulto, tanto da avvalorare l’ipotesi che si tratti di due entità distinte; d’altronde, dai risultati delle indagini retrospettive che descrivono determinati cluster sintomatologici in età prepuberale, appannaggio dei soggetti adulti bipolari, si potrebbe ipotizzare uno shift, durante la crescita, dalla forma atipica di disturbo bipolare nella pre-adolescenza a una forma classica nell’adulto. Da cosa dipende lo shift? Probabilmente, nel disturbo bipolare l’ereditarietà è poligenica e fattori ambientali giocano un ruolo nell’espressività, forse anche il fattore temporale (Ferrara, Tafuro, Caratelli, 2005).
Spesso alla diagnosi di disturbo bipolare si associa quella di disturbo d’ansia (ansia di separazione, disturbo di panico e GAD ) e/o disturbi del comportamento, in particolare DC e ADHD (Bierdman, 2006). L’elevata percentuale di comorbidità tra disturbo bipolare e ADHD nei figli di soggetti bipolari è a sostegno dell’ipotesi di un comune pattern genetico: un sottotipo specifico di disturbo bipolare, del quale l’ADHD può rappresentare il precursore; o una forma più “aggressiva” di disturbo bipolare che si manifesta a esordio precoce e con sintomi in comune con l’ADHD. Sintomi prodromici? Sintomi d’esordio? Marcatori di sviluppo di una precoce disregolazione emozionale?
È stato introdotto il concetto di neuroticismo (modalità di risposta allo stress) per spiegare come la labilità emozionale e la suscettibilità agli eventi negativi siano caratteristiche del disturbo bipolare e come anche tale pattern di malattia possa essere “ereditato”; i figli di genitori con disturbo bipolare, infatti, non solo ereditano una predisposizione genetica alla malattia, ma la stessa condizione di “essere” figli di genitori con disturbo bipolare, rappresenta un fattore patogeno ambientale. Spesso, infatti, i genitori non sono in grado di accudire i figli e trasmettono loro un modello di sopravvivenza agli eventi della vita caotico e contraddittorio; a riprova di ciò i figli di genitori bipolari in trattamento con litio, hanno meno problemi comportamentali, interpersonali e di gestione delle emozioni (Geller, 2004). Tuttavia, sembra che l’insorgenza della psicopatologia bipolare nei figli di genitori con disturbo bipolare abbia un impatto più drammatico sull’assetto familiare (che si tramuta, spesso, in un minore accudimento da parte dei genitori, espressione quasi di un rifiuto) di quanto non lo sia la malattia del genitore, come percepito dai figli (Reichart et al, 2007). Il minore accudimento oppure alterazioni nell’emotività espressa da parte della madre, in particolare il ridotto calore materno, e le conseguenze che ne derivano, sono associati ad una più alta probabilità di ricadute (Geller, 2004). In queste famiglie sono evidenti le difficoltà di comunicazione e dell’espressività, scarsi sono gli orientamenti intellettuali-culturali e le attività ricreative (espressione queste dello sviluppo cognitivo e sociale) e maggiore è la conflittualità (Belardinelli, 2007).
Hanno importanza per la bipolarità anche i fattori di vita stressanti o circostanze psicosociali (eventi di perdita e di separazione dalle figure di riferimento o significative, maltrattamento e abuso, malattie fisiche, uso di sostanze come alcool, droghe) (Perlis, 2004).
Certamente ulteriori studi di biologia molecolare e di genetica permetteranno di ottenere maggiori informazioni sulla patogenesi della malattia bipolare, sul ruolo dei fattori genetici e ambientali, anche al fine di accertare un eventuale link tra disturbo in età evolutiva ed in età adulta e “ricercare” una possibile via di fuga da un destino “predeterminato” (Maj, 2005).

Patrizia Palombi, Morena Tafuro