lunedì, marzo 13, 2006

Il sonno dei bambini, le preoccupazioni dei genitori

Dal 20 al 30 per cento dei bambini in età prescolare manifestano delle difficoltà nel sonno, principalmente risvegli notturni e difficoltà di addormentamento, ma anche incubi, terrori notturni, parlare nel sonno ecc., che preoccupano i genitori a tal punto da chiedere aiuto ad un professionista esperto del settore (pediatra, psicologo, neuropsichiatra infantile). Questa percentuale è simile in tutti i paesi occidentali, dove per la cultura prevalente è bene abituare i bambini a dormire separati dai genitori fin dai primi momenti, ed è in modesto aumento negli ultimi 20 anni, probabilmente per il generale cambiamento di alcune abitudini sociali e lavorative (genitori sempre più separati dalle famiglie di origine, che lavorano entrambi e con la possibilità di condividere con il bambino solo le ore serali, la maggiore quantità di sollecitazioni che i bambini ricevono da parte dell’ambiente circostante ecc.).
I comportamenti correlati all’addormentamento ed al sonno presentano una notevole variabilità individuale e riflettono aspetti peculiari della relazione del bambino con i genitori, tra cui alcuni, come ad esempio l’atteggiamento dei genitori verso la conquista dell’autonomia, dell’indipendenza e dell’autodisciplina del bambino, variano in base ai diversi modelli culturali di riferimento all’interno di una stessa cultura e ancor di più tra culture diverse. Ad esempio la maggioranza dei bambini nel mondo dorme nella stessa stanza di genitori e fratelli e possono avere con loro un contatto fisico, anche laddove non vi sia una mancanza effettiva di spazi disponibili, come ad esempio nella moderna società giapponese. In quest’ultima dormire insieme è la norma, così come non è considerato un bene forzare il bambino ad una precoce separazione dai familiari.
Studiare il comportamento infantile all’interno dei confini di una sola cultura comporta il rischio di considerare fisiologico e naturale ciò che in realtà è il frutto di adattamento ed apprendimento culturalmente indotti. Le condizioni in cui nella nostra società è normalmente richiesto ad un bambino di addormentarsi e di dormire per tutta la notte, cioè da solo nel proprio letto e nella propria stanza, con i genitori che dormono insieme nel lettone in un’altra stanza, sono una caratteristica peculiare della nostra società e dei nostri tempi e rappresentano una rivoluzione nelle abitudini del sonno nella storia dell’uomo.

Fisiologia dello sviluppo del sonno e suoi disturbi
Lo sviluppo del sonno inizia in utero, dove il feto ha dapprima un’alternanza di attività e riposo (Basic Rest Activity Cycles, BRAC), con una periodicità tra 40’ e 60’, simile a quella dei futuri cicli di sonno. Nella seconda metà della gravidanza è riconoscibile un’alternanza tra sonno e veglia con un bioritmo che è sincronizzato sulle 24 ore da fattori materni, tra cui i più rilevanti sono la melatonina, il cortisolo, la glicemia, la temperatura, le contrazioni uterine ritmiche (quelle fisiologiche che avvengono durante la gravidanza). A termine della gravidanza sono ben differenziati gli stati di sonno attivo (con presenza di movimenti oculari rapidi o rapid eye movement, R.E.M., movimenti corporei, irregolarità della frequenza cardiaca e respiratoria) e di sonno quieto (frequenza cardiaca e respiratoria regolari, rari movimenti corporei, tipo startles o salve di suzione, movimenti oculari lenti o assenti). Un ciclo di sonno, cioè il periodo costituito da una fase di sonno attivo (che dura 25’-35’), seguita da una di sonno quieto (circa 20’), dura tra 40’ e 60’ (nell’adulto è circa di 90 min). Un neonato dorme circa 15-16 ore al giorno, con notevoli differenze individuali (da 12-13 a 20-21 ore); il sonno è frammentato in periodi di 3-4 ore (da un minimo di 20-30 min ad un massimo di 5-6 ore) e, sganciato dalle influenze materne, non ha un ritmo circadiano (cioè di 24 ore), ma un ritmo ultradiano di circa 25 ore (o free-running). Il primo segno di un ritmo circadiano nel comportamento avviene a 2-3 settimane di vita, con la comparsa di un periodo di maggiore attività serale (tra le 17 e le 22), talvolta con agitazione e pianti inconsolabili (coliche). A 6 settimane vi è un graduale aumento dei periodi di sonno notturno, che si consolidano a 2-3 mesi. Tra 3 e 4 mesi il bambino sincronizza i ritmi endogeni con i ritmi esterni, tra cui il ritmo luce-buio, quest’ultimo grazie alla secrezione di melatonina che diviene significativa a questa età (e si accompagna alla cessazione delle coliche). A questa età il bioritmo circadiano è ben consolidato, determinato dai ‘datori di tempo’ esterni (zeitgebers), costituiti, oltre che dal ritmo luce-buio, dal ritmo dei pasti e dalla ritmicità e qualità delle attività sociali.
Il periodo che va da 2 a 4 mesi è cruciale per l’instaurarsi di una buona ritmicità circadiana e di una regolarità dei pasti e del sonno. L’acquisizione di una ritmicità circadiana sincronizzata alle abitudini sociali è un meccanismo appreso, condizionato dalla qualità della relazione con l’adulto allevante; questi funziona da guida: maggiori la fiducia, l’autostima e la sicurezza in se stessi, maggiore sarà la coerenza del proprio comportamento e quindi l’aiuto offerto al bambino nella maturazione e stabilizzazione dei propri bioritmi. Tutto ciò è influenzato anche dalle caratteristiche individuali del comportamento neonatale così come dal sistema genitori-bambino, che mostra un’unicità fondata su specifiche modalità interattive individuali dipendenti dall’incontro di singole attitudini relazionali.

Sapersi riaddormentare
Lo sviluppo del sonno segue anche le fasi del normale sviluppo psicomotorio, in particolare della maturazione del processo di separazione-individuazione, poiché l’addormentamento è un momento di separazione dal genitore e dall’ambiente.
A partire dai 4 mesi molti lattanti hanno bisogno di risvegliarsi nelle stesse condizioni fisiche in cui si sono addormentati, altrimenti inizieranno a chiamare sia per essere rassicurati della presenza della madre che per potersi riaddormentare. Tutti i lattanti si svegliano mediamente 2-3 volte per notte, ma la differenza principale è fra chi chiama per essere aiutato a riaddormentarsi (signalers) e chi non ha necessità perché sa riaddormentarsi da solo. Il problema non è più quello della brevità o irregolarità delle fasi di sonno, ma quello di sapersi riaddormentare. Tali aspetti si accentuano a 6-7 mesi, quando la maturazione dell’atteggiamento verso l’estraneo e quindi nelle separazioni dall’adulto, rende il sonno del bambino ancora più dipendente dalle modalità di addormentamento. Se durante i periodici e naturali risvegli il bambino trova tutto come era al momento dell’addormentamento (l’ambiente, l’oscurità, il lettino, la copertina, il peluche, il succhiotto...), tornerà a dormire più facilmente. Ciò lo aiuterà anche a prevedere ciò che avverrà al suo risveglio e quindi ad accettare meglio il primo addormentamento serale. Il contrario accadrà di fronte all’incostanza e quindi all’imprevedibilità dei comportamenti dei genitori, con aumento della ‘lotta’ del bambino contro il primo addormentamento serale (da difficoltà di separazione), un minor approfondimento successivo del sonno ed una maggiore difficoltà nel riaddormentarsi e nella maturazione della sicurezza interna del bambino, che si fonda sulla conoscenza, prevedibilità e padronanza delle modalità di addormentamento.
In pratica, mentre fino a 2-4 mesi i disturbi del sonno saranno principalmente dovuti ad un disturbo nella maturazione dei bioritmi circadiani, dai 4 mesi e ancor più dai 6-7 mesi gli aspetti legati alla maturazione della sicurezza nella separazione dall’adulto allevante e quindi nella maturazione del Sé diventano aspetti prioritari. Naturalmente una buona maturazione dei bioritmi facilita lo sviluppo successivo.
Ad ogni età inoltre la qualità del bioritmo circadiano e del sonno è influenzata da fattori individuali (costituzione, temperamento, esperienze pre- e perinatali), ambientali e relazionali (salute materna, relazioni familiari, ritmi e ‘routines’, esperienze ‘stressanti’ ecc.), così come da altri fattori organici (malattie, difficoltà respiratorie, allergie, intolleranze, cibo ecc).
Altre fasi di difficoltà nel sonno possono manifestarsi nei momenti che precedono un ‘salto’ nello sviluppo psicomotorio, come l’acquisizione della deambulazione autonoma, o di nuove capacità linguistiche o cognitive (vedi i Touchpoints di Brazelton), in cui il bambino può transitoriamente manifestare una fase di disorganizzazione del comportamento con irritabilità e difficoltà a mantenere il sonno. Oppure tra i 18 e 24 mesi, la fase dell’ambivalenza in cui si mescolano curiosità e paura, tendenza a rendersi più indipendente e allo stesso tempo ad essere più attaccato. Mentre a 3 anni matura una maggiore tolleranza alle frustrazioni e alle separazioni, anche se con notevole variabilità individuale. I rituali tendono a diventare più elaborati, poi verso i cinque anni inizia una diminuzione delle difficoltà. Quando diventano più indipendenti i bambini creano rituali personali senza coinvolgere i genitori, anche se continuano a poter avere paure al momento di andare a letto e cercano soluzioni che creano un senso o un’illusione di protezione.

Aiutare il sonno dei bambini
Aiutare a dormire bene vuol dire quindi favorire nel bambino la maturazione e la stabilizzazione di un buon bioritmo circadiano e del processo di individuazione-separazione. Gli aspetti principali sono quelli di promuovere nei genitori il rinforzo dell’autostima e sicurezza nelle proprie competenze genitoriali, nonché la loro consapevolezza del ruolo di guida e di insegnamento per lo sviluppo del bambino. Ciò favorirà la coerenza dei comportamenti genitoriali, che aiuteranno il bambino ad apprendere regole e limiti chiari, a maturare abitudini regolari, basi per poter prevedere e quindi gestire autonomamente il proprio comportamento notturno.
Per noi operatori è buona regola avere un atteggiamento empatico verso i genitori, di rispetto e sostegno per le loro capacità e conoscenze del bambino (sono gli unici veri esperti!), non dare giudizi di valore su comportamenti di cui non conosciamo le motivazioni, proponendo, se valutate opportune, possibili scelte di comportamento verso il bambino basate su spiegazioni chiare del perché e su obiettivi a breve termine per loro condivisibili.
In questo contesto è utile anche aiutarli a comprendere la natura del sonno e delle difficoltà del bambino, evidenziando le differenze rispetto a comportamenti apparentemente simili dell’adulto (pensiamo a quanti genitori richiedono l’uso di ipnotici per ‘far dormire’ il bambino, analogamente a come farebbero in un adulto insonne, e purtroppo a quanti pediatri acconsentono a tale richiesta!). Anche sensibilizzare i genitori verso le caratteristiche individuali del comportamento del bambino, discutendo alcuni comportamenti difficilmente interpretabili nei primi 2-3 mesi di vita (il significato del pianto, le ‘coliche’, le modalità consolatorie…), può essere per loro di grande aiuto e facilitarli poi nel processo di maturazione e separazione dal bambino.
Non sono tanto importanti i comportamenti attuati, quanto la loro motivazione ed il loro significato. Alcuni genitori si sentiranno meglio con il bambino nel lettone fin dalla nascita, altri lo saranno facendo il contrario. I bambini hanno bisogno di una guida coerente e sicura e le loro capacità di adattamento sono ben superiori a quelle degli adulti. Hanno bisogno di un ambiente che fornisca loro quell’affetto ed aiuto necessario per crescere e svilupparsi, specie nei momenti di cambiamento (di luogo, o di ruolo, come nella nascita di un fratellino, l’inserimento in comunità infantile, l’acquisizione di nuove funzioni nello sviluppo ecc.).
Tradotti in pratica questi sono i concetti generali più importanti:
-è utile fin dai primi tempi accudire in modo coerente e prevedibile il neonato, partendo dai suoi segnali comportamentali, ma sapendo che la madre è la guida che promuove nel neonato la capacità di ritrovare una ritmicità circadiana (di 24 ore) nel corso delle prime 6-8 settimane.
-tra i 2 ed i 4 mesi va instaurata, se non è già presente, una maggiore regolarità negli orari, aiutando il bambino ad imparare a fare il sonno più lungo di notte, abituandolo ad iniziare tale sonno intorno ad un orario stabile (di solito tra le 11 e le 1 di notte); il bambino che a 4 mesi ha ritmi di alimentazione e sonno prevedibili sarà certamente un migliore dormitore in futuro.
-dai 4 mesi il rituale di addormentamento assume maggiore importanza: la regolarità delle routines di addormentamento, il loro contenuto, la loro flessibilità, il fatto che il bambino ne sia via via più protagonista, il far sì che il bambino si risvegli nella stessa condizione in cui si è addormentato e si abitui a gestire maggiormente da solo l’addormentamento, sono gli aspetti più rilevanti.
-prima dei sei mesi tutto questo si può insegnare a farlo e porre quindi solide basi per prevenire successive difficoltà nel sonno.
Ma anche la cura dei disturbi successivi, che non sono stati prevenuti o che comunque si sono manifestati, segue gli stessi principi; dopo aver escluso possibili cause organiche, tra cui l’allergia alle proteine del latte vaccino ed il reflusso gastroesofageo. Il trattamento prevede gli stessi principi visti, con la unica maggiore difficoltà di dover puntare a cambiare abitudini ormai radicate (come l’addormentarsi in una situazione molto diversa da quelle in cui il bambino si trova al risveglio, in particolare se l’addormentamento prevede un contatto fisico diretto ed una passività del bambino, che poi si sveglia solo ed ‘abbandonato’ nel lettino). Utile in questo caso anche un cambiamento del setting (letto nuovo, diversa stanza o diverso ambiente, come durante una vacanza) che rende più facile l’acquisizione di nuove abitudini che si fondano su associazioni con aspetti ambientali. E, nei casi più difficili, anche l’uso di farmaci che facilitano la transizione al sonno ed il suo approfondimento, coma la niaprazina, ma solo per il tempo necessario per raggiungere l’obiettivo di promuovere la regolarità dei ritmi del sonno ed aiutare il cambiamento delle abitudini dell’addormentamento.
A partire dal 2° anno può essere utile l’uso dell’oggetto transizionale, così come la possibilità di orientarsi maggiormente durante un risveglio (non ritrovarsi completamente al buio).

I bambini richiedono un maggiore aiuto in alcune fasi normali della crescita: da parte dei genitori fornire il nutrimento affettivo che sembra loro necessario per il proprio figlio, con un comportamento coerente volto a farlo diventare più fiducioso nei propri mezzi, non costituirà mai un rischio di “viziarlo”. Molti genitori, dopo pochi anni guarderanno con tenerezza e a volte anche con nostalgia i lunghi momenti passati accanto o nel letto col proprio bambino per aiutarlo ad addormentarsi e dormire.
Gherardo Rapisardi (articolo pubblicato sul Il Nuovo anno 7 n° 2)