giovedì, ottobre 23, 2008

Cibo come mezzo di comunicazione

Cibo come cultura e comunicazione affettiva

22 ottobre 2008 per Il Nuovo

Il mangiare e il suo stile, la sua cultura costituiscono un capitolo di storia della civiltà. Nella vita dei popoli e delle comunità, lo stare insieme a tavola ha avuto a che fare con una forma di ritualità, di laica e fervida sacralità. Un capitolo di storia che ha raggiunto anche momenti quasi di valore epico. C’è un’epica del cibo che sfiora la degradazione. Nel Satiricon di Petronio (primo secolo dopo Cristo) il liberto Trimalcione mangia in una maniera mortalmente esibizionistica. Petronio rappresenta la crisi dell’impero attraverso le ricchezze di un liberto che si manifestano con l’abbondanza, un’ abbondanza oltraggiosa. Affida la crisi dell’impero ad una tavola imbandita. La cena di Trimalcione è al cuore del film di Fellini, il Satiricon, ispirato a Petronio, un pezzo di cinema memorabile. Lì il cibo viene teatralizzato perché entrano a tavola delle combinazioni
faraoniche all’insegna dell’abbondanza, della bellezza, con cui li cuoco si è esercitato, per fornire agli ospiti un cibo che è ricchissimo, è sorprendente, è estetico, ma è anche cupo. La pesantezza raggiunge un carico di pressione che dà il senso della morte. Lo collegavo con il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: la grande tavolata dei principi nel palazzo di Palermo, il luogo dove si festeggia una mirabile estetica della cucina (l’ancienne cuisine).
I pranzi come momenti di socializzazione: anche nel nostro tempo distratto e disunito la consuetudine di aggregare intorno al desco i componenti della famiglia e il modo dell’aggregazione sono segnali per capire che tipo di famiglia sia. Anche i gruppi sociali, di lavoro, sanno che la tavola può essere un momento privilegiato di intesa e di scambio. Pensiamo pure alla funzione comunicativa dell’alcol, che se in una misura moderata è socializzante, prezioso per superare timidezze, stati di imbarazzo, diffidenze.
Il cibo è sempre qualcosa di vitale, qualcosa di eccitante, da Petronio fino ai piaceri del Gran Gourmet in alcuni romanzi dell’800 dove l’attenzione al cibo e alle bevande produce eros e di eleganza.
La letteratura si è occupata anche del mangiatore solitario: si vedano, fra l'altro, alcuni racconti di Moravia sulla golosità, il tipo del goloso solitario, una specie di vizio.
Il quadro sta cambiando in questi anni, se si pensa alla solitudine degli anziani, di per se stessa negazione della convivialità. Aumentano numericamente i single, separati o divorziati, che nel momento del pasto realizzano, forse più che in altri momenti, il senso della loro condizione. Nelle famiglie, per il lavoro e gli orari differenziati dei componenti, capita che i bambini si ritrovino soli davanti alla televisione, a sbonconcellare un panino.


Tutto questo da un punto di vista antropologico sociale. Ma c’è un’altra dimensione importante fondamentale del cibo e dell’alimentarsi, quella psicologica, e in particolare psicoanalitica, psicodinamica.
Il modello meccanicistico delle funzioni del soma, imperante fino quasi ai nostri giorni, poneva il tema dell’alimentazione come un equilibrio nel bilancio tra entrate di calorie e loro dispendio. Siamo portati ad allontanarci dalla unilateralità schematica di questo modello quando ci accorgiamo che il problema dell’alimentazione non è riducibile a questo parametro, bensì che è caratterizzato da una complessità che trae origine dall’unità primaria mente-corpo.. L’alimentazione non è solo soddisfazione del bisogno primario della fame, ma anche ricerca e soddisfazione del piacere, così come il cibo è veicolo di relazioni primarie.
Alimentarsi significa mettere in atto una modalità relazionale, un rapporto. Il cibo è anche metafora, simbolo di immagini interne, che albergano nella realtà psichica di tutti noi, immagini di persone significative della nostra esistenza che gli psicoanalisti chiamano oggetti, oggetti interni. A partire dal primo oggetto d’amore, la madre, che è centrale nell’esperienza di ogni essere umano.Questa prima relazione si carica di emozioni e conflitti e può influenzare i nostri comportamenti e vissuti adulti. Viene in mente la dedica di Pellegrino Artusi, lo scienziato e l’artista della cucina: “ai miei genitori che mi nutrirono con amore e competenza”.
Gli oggetti sono qualcosa che noi possiamo controllare narcisisticamente attraverso il cibo, e il modo di alimentarsi e lo stile dell’alimentazione sono un aspetto della nostra contrattualità con il mondo esterno. Il rapporto con il cibo può essere più o meno consapevolmente un ricatto per gli adulti reali che ci circondano. Un’alimentazione regolare o irregolare è un segnale di relazioni orientate diversamente fra l‘agio di un rapporto sufficientemente sereno e i disagi di un conflitto. Tutto ciò comincia molto precocemente fin dai primi tempi di vita per perdurare durante tutto l’arco della nostra esistenza. È fondamentale nel periodo della crescita, dal lattante e i primissimi anni di vita agli anni della scuola elementare, al periodo della pubertà-adolescenza.

La tecnica dell’infant-observation (osservazione partecipe), iniziata negli anni ’70 da Ester Bick, consiste in un’osservazione partecipe del bambino esercitata nella famiglia, negli istituti scolastici, in altri luoghi di aggregazione. Che cosa possiamo osservare? Da una parte il temperamento del bambino o dell’adolescente, dall’altra l’atteggiamento di chi si prende cura e l’ambiente circostante; infine l’osservazione della dinamica relazionale o comunicazione affettiva che si instaura episodicamente o in modo continuativo.
Il bambino anche piccolissimo, fin dall’allattamento al seno, può presentarsi avido, possessivo, accaparratore o al contrario assente e disincantato o tranquillo e soddisfatto; la madre o un adulto significativo può manifestarsi controllante, ansioso, o lontano e assente, oppure vigile, con spazio nella mente per chiedersi: quale bisogno ha in questo momento il mio bambino? Ha bisogno di carezze, amore o soltanto nutrimento? Esistono molti fraintendimenti ed ansie sommerse, possono emergere tematiche di attaccamento, problemi di separazione-individuazione. Si tratta di movimenti emotivi generalmente inconsci anche se il tema del “ricatto” è sempre incombente. Queste situazioni emozionali sommerse sono alla base di problemi alimentari di cui spesso si lamentano i genitori. L’alimentazione è un mezzo importante per esprimere il grado di conflittualità. Da parte del bambino si attiva una continua ricerca per recuperare una situazione primordiale di non separazione, spinto in questo da vissuti di nostalgia, da un senso di solitudine e precarietà, determinati dall’esperienza di separazione.

Il periodo della scuola elementare, in cui si accentua l’autonomia esplorativa del bambino viene definito periodo della latenza, durante il quale la mente infantile, quando le cose procedono regolarmente, accantona le problematiche relazionali per disporsi ad apprendere cognitivamente dalla realtà. In questo periodo è proprio la scuola l’elemento significativo. Quando un bambino si rifiuta di mangiare a scuola adducendo dolori di pancia, e non vi sono elementi per una diagnosi di patologia somatica, è necessario impegnarsi in una decodifica. Il mangiar troppo o rifiutare il cibo può essere segnale della fobia scolastica. Si pensi ai bambini che si rifiutano di mangiare nelle ore dei pasti mentre si nutrono di caramelle che distribuiscono agli amichetti a scuola. Ritengo sia molto importante coinvolgere gli operatori scolastici in osservazioni sistematiche sui momenti della vita del bambino, mentre gioca, mentre mangia troppo o troppo poco, chiedendo cibo o rifiutandolo.
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La pubertà-adolescenza è un periodo critico anche dal punto di vista alimentare. Nella pubertà-adolescenza avvengono capovolgimenti, per molti una rottura dolorosa con il mondo dell’infanzia, che si esteriorizza in attitudini relazionali eterogenee e contraddittorie. L’equilibrio raggiunto precedentemente è sconvolto sui vari piani dell’identità spaziale-corporea e sociale-relazionale. Costituisce un risveglio, dopo la fase di latenza, dei conflitti e ansie infantili, verso i quali l’adolescente organizza una serie di difese, fra le quali in prima linea i disordini alimentari, che possono arrivare sino all’ anoressia-bulimia.
Arrivano oggi sulla scena delle anoressie anche i maschi, che a lungo erano stati risparmiati da una affezione che sembrava tipicamente femminile. Si vedono oggi molti casi di anoressia transitoria, non diagnosticata. Si ritiene che il dieci per cento di giovinette presenti problemi di anoressia, della durata di circa un anno. Sempre più in aumento l’anoressia delle danzatrici, che incanalano nella danza la loro ricerca instancabile della magrezza, riuscendo così a darle un senso razionalizzato, cioè uno scopo, funzionalizzando l’ideale estetico della levità alla somma agilità dei movimenti. Entrando in competizione con la Silfide, genio femminile delle leggende medievali, che danzava sui fiori senza calpestarli; la danzatrice anoressica riesce a dare al rifiuto del cibo un movente “estetico”. Al contrario, nella bulimia il disperato bisogno di un rapporto fusionale: voler essere nel grasso come in un contenitore-seno, trasformandosi così in una sorta di pulcino nell’uovo, con tutte le sue riserve alimentari.

Concludo riaffermando che un rapporto problematico con il cibo può essere un segnale precoce di disagio e di distorsione relazionale, che occorre decodificare. Per questo è di grande utilità approfondire l’argomento con i genitori, gli insegnanti, gli operatori sociali. La famiglia postmoderna apre una serie di problematiche in riferimento all’allevamento dei bambini, problematiche di cui il vertiginoso aumento dei disordini alimentari può essere un segnale. In particolare, apre il tema dell’attuale organizzazione della vita famigliare, delle strutture famigliari sempre più variabili e atipiche, dei profondi mutamenti dei rapporti di coppia, della nuova identità della donna, del maschile e femminile, del codice materno e del codice paterno, dei lati d’ombra delle conquiste psicosociali della vita contemporanea.

Graziella Magherini

mercoledì, ottobre 22, 2008

Il numero 2 del 2008 del Nuovo Manifesto

A Novembre 2008 uscirà il numero 2 del giornale con un ampio articolo sulla Maturazione scheletrica .