venerdì, marzo 31, 2006

Disabilità e bisogni didattici speciali

“L’insegnante di sostegno può fin troppo spesso trovarsi in una posizione in cui lui e lo studente formano una specie di coppia reciprocamente idealizzabile, che proietta tutta l’insoddisfazione e la frustrazione nella gente intorno a loro. In questa posizione, l’insegnante di sostegno può vedersi come il solo alleato del bambino, diventando molto critico rispetto ai genitori e agli insegnanti della classe”. “In alcuni casi i leader del seminario hanno notato che gli insegnanti di sostegno costruivano delle storie elaborate riguardanti genitori ‘abusanti’ basate soltanto su alcuni commenti da parte dei bambini, a volte intese a suscitare una risposta solidale”. Queste e altre osservazioni sono svolte da Jeanne Magagna e Biddy Youell in un libro che vede assemblate sintesi di relazioni seminariali da parte di psicoanalisti e psicoterapeuti, e di lavori eseguiti da 12 insegnanti di sostegno partecipanti a un corso biennale, tenutosi a Firenze presso il Centro Studi Martha Harris, in collaborazione con l’I.R.R.E Toscana, dal titolo “Corso di formazione-aggiornamento sulle tematiche relative ai fattori emozionali nell’apprendimento e nell’insegnamento” (Difficoltà di apprendimento: Una prospettiva psicoanalitica, a cura di A.R. Badiali, J. Magagna, A. Molli, B. Youell, Firenze 2004). Il corso è consistito in 12 incontri annuali, nei quali son state discusse le relazioni che ciascun partecipante aveva preparato, scrivendo tutto quello che era avvenuto in classe, soffermandois soprattutto sull’interazione fra loro stessi ed il bambino che avevano in carico. Oltre, e a complemento di questi “seminari di discussione di lavoro”, si sono tenuti “seminari teorici”, da parte dei docenti del corso, aventi per oggetto lo studio: “1) della relazione fondata sull’insegnamento e l’apprendimento, da un punto di vista psicodinamico, tenendo conto che, nel corso dello sviluppo, l’apprendere si svolge all’interno di rapporti di dipendenza, la cui qualità è di fondamentale importanza; 2) del pensiero e dello sviluppo all’interno delle tappe della crescita, soffermandosi sul significato profondo del processo educativo, partendo dalle dimensioni emotive dell’intelligenza, dallo sviluppo dell’identità sessuale, dai problemi che nascono dall’esperienza scolare.”
“Il Centro Studi Martha Harris si propone [...] di mettere gli insegnanti in contatto cn il proprio vissuto emozionale e di fornire una cornice teorica con la quale riflettere sul proprio ruolo, sul contesto del proprio lavoro e sui bisogni speciali dei loro particolari studenti”. Ma questo non riguarda, come è facile rilevare, solo il caso degli insegnanti di sostegno; questo è valido per tutti gli insegnanti. Di qui il significato e il valore più ampio del volume, alla cui base sta l’osservazione di Anna Molli, nella Introduzione: “L’apprendimento, perché possa effettivamente essere significativo, deve essere visto nella sua dimensione intellettuale ed emozionale in quanto la mente e l’affettività sono due aspetti strettamente legati fra di loro e solamente la loro armonizzazione permette all’alunno di sviluppare la propria personalità in modo completo”.
Sull’importanza delle emozioni nella formazione e nello sviluppo del pensiero hanno a lungo e in maniera approfondita scritto celebri psicoanalisti, in particolare, con contributi fondamentali, Melanie Klein e Wilfred Bion, che la stessa Mollo ricorda in apertura del libro, e in posizione eminente anche Donald Meltzer. Le emozioni nascono precocemente, già nei primi tempi della vita prenatale, e tutto lo sviluppo della mente, incluso quello razionale, risulta condizionato da esse.
Nello sviluppo della personalità del bambino vi è una sorta di “gioco” tra la mente della madre e il bambino; la Klein ha psospettatto una teoria del funzionamento della mente secondo la quale nello sviluppo della personalità avrebbero un ruolo fondamentale le relazioni con gli oggetti esterni che rapidamente diventano oggetti interni attraverso i procedimenti di identificazione e interiorizzazione. Procedimenti che iniziano precocemente, all’inizio della vita, e che proseguono, con particolare pregnanza nella scuola, in una fase così determinante per il futuro del bambino.
Bion osserva come con il processo dell’apprendimento il bambino fa di sé una personalità autonoma: l’apprendimento è un apprendere dall’esperienza, che scaturisce da esperienze emotive.
Meltzer ha, fra l’altro, messo in evidenza l’importanza del primo contatto con la vista della madre del bambino appena nato, come emozione estetica primaria.
La lettura del volume è quindi da consigliare, indipendentemente dalla partecipazione ad analoghi corsi – la cui organizzazione è tuttavia da elogiare ed incoraggiare – ad un pubblico ben più ampio di quello particolare degli insegnanti d’appoggio, a tutti gli insegnanti delle scuole, anche per un approfondimento di riflessione sul possibile contributo di natura pedagogica di esperienze emotive.

martedì, marzo 28, 2006

La valutazione auxologica. Principi e linee diagnostiche

Ivan Nicoletti e Luca Tafi
Edizioni Centro Studi Auxologici / Nicomp LE, Firenze, 2005, pp 122, € 18

Una sintesi aggiornata sui principi, leggi e metodi della scienza della crescita, indirizzata in maniera particolare ai pediatri. Un insieme di tabelle, figure e carte auxologiche per una valutazione della normalità della crescita e un rapido inquadramento diagnostico dei suoi disturbi.

domenica, marzo 26, 2006

Crescere a Firenze nel Rinascimento

Firenze è, come si sa, una delle città nelle quali con maggior forza trova espressione il mutamento della concezione dell’umano che ha caratterizzato l'epoca umanistico-rinascimentale. Come mostra il bel volume di Ilaria Taddei “Fanciulli e Giovani a Firenze. Crescere nel Rinascimento” (Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2001), un aspetto importante della nuova percezione che l'uomo acquista di sé è dato dall'immagine che si viene ad avere dell'infanzia e della sua dignità. Nell'elaborazione di una teoria pedagogica, come nella realizzazione di strutture associative nelle quali i bambini, gli adolescenti e i giovani trovano un loro specifico e privilegiato spazio di vita e di educazione, Firenze ebbe un ruolo centrale. La nuova sensibilità educativa accomunava filosofi trattatisti, ecclesiastici (come i domenicani Antonino Pierozzi e Giacomo Savonarola) e mercanti. Particolare attenzione veniva da molti di essi data alla determinazione dei limiti di partenza e di arrivo delle diverse età della vita nell'intento non solo di stabilire regole educative rivolte a far fronte in modo adeguato alle loro specifiche esigenze, ma anche di evitare una rigorosa separazione fra loro. L'infanzia e la puerizia apparivano infatti caratterizzate dall'incompiutezza fisica e sessuale e soprattutto da uno stato di innocenza che non doveva essere contaminato dal contatto con gli adolescenti segnati dai turbamenti dell'instabilità sessuale, e con i giovani caratterizzati dal raggiungimento di una piena capacità fisica e da una vita fatta di ardore ed eccessi. La nozione di "età" appare ambigua in ogni epoca, come mostrano gli excursus iniziali di questo volume dedicati al tema del succedersi e della delimitazione delle età soprattutto in epoca tardo medievale e rinascimentale effettuato attraverso l'analisi di una molteplicità di fonti, da quelle della trattatistica pedagogica a quelle del diritto romano e canonico, a quelle legislative, amministrative e iconografiche. Nella determinazione delle epoche della vita giocano infatti molteplici fattori legati dalla rappresentazione che i soggetti hanno di sé e del proprio ruolo sociale. Come punto di riferimento, fra i molteplici suggeriti dall'autore, si può in ogni caso indicare lo schema della divisione in età proprio di Isidoro di Siviglia (un monaco di cultura enciclopedica del VI secolo) ripreso nel XV dall'umanista Matteo Palmieri. che distingueva l’"infantia" (dalla nascita ai sette anni), la "puerizia" (dai sette ai quattordici anni), l'"adolescenza" (dai quattordici ai ventotto anni), la "vecchiezza" (dai ventotto ai cinquantasei anni), la "decrepita età" (oltre i settanta anni). A caratterizzare l'infanzia era l’infirmitas, una carenza di intendere e di esprimersi che si prolungava anche nella puerizia. Ma la presenza di questi caratteri non aveva solo significato negativo. Essa significa per l'infante e il bambino anche incapacità di commettere il male con dolo, per la quale il diritto romano sanciva la sua impunibilità. Ma nel medioevo l'apprezzamento dell'infanzia si arricchisce in virtù di un elemento ulteriore, quello del riferimento sempre maggiore nel culto religioso all'infanzia di Gesù, documentato fra l'altro dall'arte figurativa. L'innocenza puerile, celebrata come virtù divina, attribuiva un ruolo privilegiato alla mediazione fra l'uomo e Dio. Alla dimensione sacrale dell'infanzia venne attribuita anche una rilevante funzione sociale in alcuni aspetti però per noi assai conturbanti: basti pensare agli strazi che i bambini erano autorizzati a compiere sui cadaveri dei condannati a morte. In questo modo i bambini annientavano il corpo del colpevole ma anche, in virtù della loro innocenza, placavano l'anima del giustiziato. La valorizzazione della dimensione religiosa innata dell'anima del fanciullo si completava poi nell'attenzione dedicata alla sua educazione religiosa, che in personalità come Antonino e Savonarola si esprimeva soprattutto nell'educazione sacramentale. Importanza particolare assume nella puerizia, quando si ritiene che il bambino inizi a diventare capax doli, il sacramento della confessione; così la valorizzazione dell'infanzia maturata in ambito religioso diffuse un'immagine positiva del fanciullo anche in ambito laico. La trattatistica pedagogica degli umanisti fiorentini, seppur con il limite di essere rivolta soprattutto all'educazione delle élites, attingeva a modelli classici elaborati da autori come Quintiliano e Plutarco. Rispetto a questi presentava però novità sostanziali, condannando metodi troppo rigidi, mettendo al bando le percosse, privilegiando metodi educativi più liberali e soprattutto dando importanza al "buon esempio", ai processi di socializzazione e alle loro regole. Al modo di realizzazione di questi processi, sia per quanto riguarda l'infanzia e la puerizia, sia per quanto riguarda l'adolescenza e la gioventù, così come esso si effettuava all'interno delle "confraternite" specificamente strutturate in funzione delle diverse fasce di età, il volume dedica analisi ricche e avvincenti sulle quali ora lo spazio non consente di soffermarsi.
Luciano Martini (articolo pubblicato su Il nuovo anno 7 n°1)

sabato, marzo 25, 2006

La sindrome di Fröhlich alla Cappella Sistina

Chi sfogli i volumi che sono stati pubblicati durante e dopo i restauri eseguiti di recente sugli affreschi della Cappella Sistina ed abbia cultura medica non può che rimanere fortemente impressionato soffermandosi sulla rappresentazione, ante litteram, di una sindrome clinica disormonica che solo dopo vari secoli fu definita dal punto di vista medico ed ebbe il nome di sindrome di Fröhlich: segni di essa si accennano piu volte nei grandi "putti"; sia in quelli "reggi-targa" sia in quelli delle "lunette" ed in particolare in quello appoggiato alla donna seduta che sta nella parte destra della "lunetta" di Ozias-Joatham-Achaz (cfr. pag. 247 di "La Cappella Sistina: i primi restauri, la scoperta del colore" di AA. VV, Ist. Geogr. De Agostini, 1986, Novara). Per la patologia qui raffigurata, ad uno sviluppo scientifico si giungerà all'inizio del XX secolo, quando il clinico viennese Alfred Fröhlich pubblicherà (nel 1901) un caso di tumore ipofisario senza acromegalia, con ipogonadismo ed obesità. Si riconobbe in seguito che in tale caso poteva verificarsi anche un interessamento dell'ipotalamo. Oggi si parla di "distrofia adiposo-genitale". Questa si riscontra in giovani di sesso maschile, obesi, a pubertà moderatamente ritardata, con genitali esterni assai piccoli e obesità di tipo femminile, specialmente della parte alta delle cosce. Quasi sempre la sindrome consente la maturazione dei malati in uomini fertili. Nei libri odierni di medicina come nelle notizie da Internet la sindrome di Fröhlich è ampiamente descritta e raffigurata. Ma neppure le figure del grande Atlante del Netter esprimono cosi bene il quadro clinico come il gigantesco putto.Fu speciale curiosità di Michelangelo a scegliere quel modello o fu semplicemente un caso quello che lo portò ad essere involontario precursore di quella sindrome distrofica cui avrebbe poi dato nome il Fröhlich?
Giorgio Weber (articolo pubblicato su Il Nuovo anno 7 n°1)

venerdì, marzo 24, 2006

Human Growth in Sickness and in Health

Plenary lectures from the 10th International Congress of Auxology
Editors: Ivan Nicoletti, Lawrence M. Schell and Giulio Gilli

Il volume contiene il testo completo delle letture di:
E. Boncinelli Homebox genes in development
R.J. Rona The contribution of Auxology to the study of the aetiology of diseases
L.M. Schell, M. Denham, M. Schneberger, N. Codru Modern urbanism and human growth
H. Lejarraga, D. Kelmansky The handling of data on psychomotor development
Edizioni Centro studi auxologici/Nicomp LE, Firenze, 2006, pp 109, € 16

mercoledì, marzo 22, 2006

Un adolescente folle alla corte del Re di Spagna

Di adolescenti straripa la pittura, da quelli smagati del Caravaggio a quelli accorti e compiti di Manet, per non dire del "Pied-bot" del Ribera al Louvre o del "Figlio dell'ingegnere" di Carlo Carrà.
Ma non sembrerà troppo strano almeno a chi ha seguito la grande mostra "Manet-Velazquez" di Parigi e New York (2002-2003) di richiamare in questa sede auxologica I'attenzione ai famosi "Locos" di Diego Velazquez appunto. II grande Sivigliano per cui la Francia "abbandona Raffaello", come dice un titolo del grande catalogo della mostra suddetta, ha dipinto un quadro, emblematico fra tutti, "Las Meniñas" (che stanno al Prado), e che sconvolge chi guarda specie se con "doppio sguardo".
Ma eccoli dunque "Los locos" di Velazquez. Sono adulti o bambini o sono addirittura giunti alla vecchiaia nel loro tragico assetto. Quasi in equilibrio (come alcuni appaiono) tra se stessi e il mondo intorno che li guarda e usa, bambini o nani, per poggiare la mano guantata, o se ormai adulti, per ridere del loro travestimento, del loro disagio di popolani a corte; pur lieti, essi, di non essere mendicanti sui marciapiedi come quel" Petit Savoyard" del Bonvin che è a Boulogne sur Mer o quel "Petit Mendiant" del Murillo, anch'esso al Louvre. Tra tanti "locos" adulti spicca infatti, a rendercene il quadro ai confini di un indicibile orrore, la figura di un adolescente. Esso fu Sebastiano de Morra, un giovinetto fiammingo importato (o deportato?) alla Corte di Filippo IV Re di Spagna, per lo svago di quei Signori. Folle, egli ci guarda navigando nel suo pallido sorriso di oligofrenico, come felice, fatuo, quasi accondiscendente. Ed e insieme vano e imprendibile nella sua distanza infinita. Più lo si guarda, più ci va sfuggendo come ombra nella notte.
Giorgio Weber (articolo pubblicato su Il Nuovo anno 7 n°4)

sabato, marzo 18, 2006

La struttura temporale delle attività biologiche

E’ noto da tempo che alcune attività dell’organismo, come la secrezione di vari ormoni, si modificano in funzione dell’alternanza giorno-notte – con un ritmo circadiano – e/o dell’alternanza delle stagioni – con un ritmo circannuale – influenzando anche la crescita e lo sviluppo.
In questi ultimi anni le indagini sulle variazioni nel tempo delle attività biologiche (la struttura temporale) hanno messo in evidenza oscillazioni caratterizzate da frequenze disparate, dipendenti anche da fenomeni diversi dalla radiazione luminosa, come i fenomeni geomagnetici.
Tra i ritmi osservati vi sono l’ultradiano (1 o più ore), il circaseptano (circa 7 giorni) e il circadecano (circa 10 giorni), il transannuale (con picchi tra 1 e 2 anni) e quelli pluriennali.

Ritmo e attività
In popolazioni superiori a 1.000.000 di bambini è stato osservato che le variazioni delle misure antropometriche neonatali sono caratterizzate da cicli di 50, 21 e 10,5 anni. Ad esempio le variazioni della lunghezza corporea in un ciclo di 21 anni hanno un ampiezza maggiore di quelle rilevate in un ciclo di 1 anno, mentre per la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca neonatali sono state rilevate variazioni transannuali.
Un ritmo circadiano è presente nella secrezione dell’ormone della crescita e dell’ormone stimolante la secrezione di cortisolo (ACTH): la loro massima azione sui tessuti bersaglio si osserva in alcune ore della giornata, anche nel caso di somministrazione esogena dell’ormone.
Un ritmo circaseptano è presente nell’escrezione urinaria notturna del cortisolo e probabilmente è presente anche in alcune attività del sistema immune, mentre la escrezione urinaria notturna della norepinefrina sembra avere un ritmo circadecano.

La melatonina
L’esempio più tipico della struttura temporale della secrezione di un ormone rappresentato dalla melatonina.
La concentrazione della melatonina - circolante, salivare, urinaria e quella presente nella ghiandola pineale - presenta un ritmo circadiano, con alti valori durante la notte e bassi valori diurni, sia nei mammiferi diurni che nei mammiferi notturni.
Un’alterazione del ritmo circadiano della secrezione della melatonina nell’uomo sembra essere associata a malattie, come la malattia di Smith-Magenis, il cancro, l’ulcera duodenale, e al rischio di malattia: cancro della mammella, malattie cardiovascolari, depressione.
Nei bambini sono stati osservati anche periodi ultradiani della secrezione notturna di melatonina di 3,4 e 1,5 ore, associati al sonno REM.
Notevoli variazioni nella secrezione di melatonina sono stati osservati durante la gravidanza, la crescita e l’invecchiamento. In età evolutiva la secrezione è influenzata dalla pubertà, piuttosto che dall’età cronologica, mentre l’ampiezza della variazione circadiana nell’adulto diminuisce con il progredire dell’età.
La melatonina presenta inoltre una variazione circannuale della secrezione diurna ed una variazione (negli anni di minor attività solare) semiaanuale della secrezione notturna. Lo stesso tipo di ritmo notturno è stato rilevato in studi condotti ad alte latitudini, dove gli effetti geomagnetici sono più marcati. Un ruolo della latitudine e dell’influenza geomagnetica, associati ad una riduzione della secrezione notturna di melatonina, sono stati anche evidenziati da studi che investigavano gli effetti delle tempeste magnetiche naturali e dei campi magnetici prodotti dall’uomo.
Rimangono ancora da studiare la struttura temporale di molte attività dell’organismo, in modo particolare del sistema immune e delle capacità riparative, in rapporto anche alla somministrazione di farmaci e di terapie con agenti fisici.

mercoledì, marzo 15, 2006

Growth Hormone

L’importanza dell’ormone della crescita (brevemente, GH da Growth Hormone) nello sviluppo del bambino è nota a tutti, ma le modalità con cui viene secreto, il suo ruolo, le sue relazioni con altri ormoni e fattori di crescita, le sue possibilità di intervenire favorevolmente nei soggetti normali di bassa statura sono tutt’altro che stabiliti in maniera certa e non rispondono affatto al modello secondo il quale una qualsiasi sostanza o attività capace di stimolare la secrezione di GH è potenzialmente atta a far aumentare la statura. Anche i test di stimolo (dosaggio del GH dopo assunzione di sostanze quali l’arginina, l’insulina, ecc.), finora comunemente usati nelle cliniche per stabilire se la bassa statura di un bambino sia dovuta a un deficit di secrezione di GH, vengono sottoposti a critiche severe, tali da renderli molto meno probanti di quanto si ritenesse prima.
Il GH viene secreto dall’ipofisi in maniera pulsatile, e i due terzi della produzione giornaliera avviene durante la notte. La quantità immessa in circolo dopo stimolo è soprattutto correlata con la riserva di GH della ipofisi, e non con la naturale capacità produttiva della ghiandola. I test usati, quindi, risultano fornire risposte con elevato tasso di falsa negatività e falsa positività. Questo rende poco rilevante la definizione del limite fisiologico normale di quantità di GH provocata dallo stimolo, che dalla maggior parte degli autori è stata indicata in 10 ng /ml.

GH prodotto spontaneamente
Più affidabile secondo alcuni è la determinazione della quantità media di GH prodotta spontaneamente nell’arco di 24 ore. Ciò perché è stato dimostrato che più alto è un bambino e più veloce è la sua crescita, più elevata è la quantità di GH che il suo organismo produce, attraverso una maggiore ampiezza dei pulse (impulsi o singole onde della secrezione pulsatile) e una loro maggiore frequenza. Questo però non significa – lo ripetiamo per chiarezza – che se somministriamo GH a un soggetto normale egli diventi più alto; vuol dire però che se un soggetto basso e con scarsa velocità di crescita ha una scarsa produzione media giornaliera di GH, ha una probabilità maggiore di avere un deficit di GH che non un soggetto con produzione normale.
Ma come stabilire qual è la produzione normale? La massima secrezione di GH si verifica circa 120 minuti dopo l’inizio del sonno; è maggiore nelle femmine che nei maschi (di questa differenza è responsabile l’estrogeno). La secrezione di GH varia anche con l’età, essendo alta alla nascita, declinando successivamente per innalzarsi di nuovo alla pubertà, per ridursi di nuovo a partire dalla terza o quarta decade della vita. La quantità di GH è legata anche all’azione di molte altre sostanze e ormoni, fra cui il GHRH (fattore che favorisce la produzione di GH), la somatostatina (che ne inibisce la produzione), il ghrelin (ormone prodotto nello stomaco) e la leptina (prodotta dalle cellule adipose). Il calcolo della produzione media giornaliera può essere eseguito con prelievi effettuati nell’arco di 12 ore o nell’arco di 24; quest’ultima modalità è più attendibile; il limite considerato normale varia a seconda degli autori e dei metodi impiegati per il dosaggio: alcuni indicano un arco fra 5,8 e 4,4 ng/ml, a seconda se il soggetto è in fase puberale o no; altri indicano un limite inferiore (si può vedere a questo proposito la rassegna di Wajnrajch, nel Journal of Pediatric Endocrinology and Metabolism, vol. 18, n. 4 del 2005, pp. 325-338).

Diagnosi di deficit di GH
La diagnosi di deficit di GH, quindi, non può che essere posta sulla base di una numerosa serie di sintomi e di indizi, che elenchiamo nel riquadro a fianco, riprendendola da Hagenäs.
Fra tutti i sintomi e rilievi utili a porre una diagnosi di deficit di GH che abbia una sufficiente probabilità di essere quella giusta segnaliamo i sintomi auxologici. La progressiva diminuzione di velocità della crescita staturale, che spesso si manifesta già nel primo anno di vita è un segno di grande importanza. Non sono da trascurare i segni clinici relativi all’aspetto fisico del bambino, il fenotipo: il bambino ha una faccia “immatura” con diminuita altezza e gote tonde (paffute), e tendenza alla obesità (accumulo di adipe sopratutto all’addome). Naturalmente, quanto più sono presenti altri segni e sintomi fra quelli riportati nel riquadro, tanto più aumenta la probabilità di essere nella giusta diagnosi; una prova importante è poi costituita dal risultato della terapia: l’aumento della velocità di crescita e un recupero progressivo di statura.
Il deficit di GH – va ricordato – è il più delle volte idiopatico (non se ne conosce la causa), ma può essere provocato da cause specifiche e note, fra le quali una malformazione congenita della ipofisi (displasia setto-ottica), idrocefalo, tumore intracranico (più frequentemente craniofaringioma), trauma cranico, irradiazione cranica, infezioni intracraniche. Ovviamente nella terapia si deve anche tenere conto di eventuali cause particolari. Fra gli esami da eseguire va segnalata la risonanza magnetica encefalica.
Ivan Nicoletti (articolo pubblicato su Il Nuovo anno 9 n° 3)

lunedì, marzo 13, 2006

Il sonno dei bambini, le preoccupazioni dei genitori

Dal 20 al 30 per cento dei bambini in età prescolare manifestano delle difficoltà nel sonno, principalmente risvegli notturni e difficoltà di addormentamento, ma anche incubi, terrori notturni, parlare nel sonno ecc., che preoccupano i genitori a tal punto da chiedere aiuto ad un professionista esperto del settore (pediatra, psicologo, neuropsichiatra infantile). Questa percentuale è simile in tutti i paesi occidentali, dove per la cultura prevalente è bene abituare i bambini a dormire separati dai genitori fin dai primi momenti, ed è in modesto aumento negli ultimi 20 anni, probabilmente per il generale cambiamento di alcune abitudini sociali e lavorative (genitori sempre più separati dalle famiglie di origine, che lavorano entrambi e con la possibilità di condividere con il bambino solo le ore serali, la maggiore quantità di sollecitazioni che i bambini ricevono da parte dell’ambiente circostante ecc.).
I comportamenti correlati all’addormentamento ed al sonno presentano una notevole variabilità individuale e riflettono aspetti peculiari della relazione del bambino con i genitori, tra cui alcuni, come ad esempio l’atteggiamento dei genitori verso la conquista dell’autonomia, dell’indipendenza e dell’autodisciplina del bambino, variano in base ai diversi modelli culturali di riferimento all’interno di una stessa cultura e ancor di più tra culture diverse. Ad esempio la maggioranza dei bambini nel mondo dorme nella stessa stanza di genitori e fratelli e possono avere con loro un contatto fisico, anche laddove non vi sia una mancanza effettiva di spazi disponibili, come ad esempio nella moderna società giapponese. In quest’ultima dormire insieme è la norma, così come non è considerato un bene forzare il bambino ad una precoce separazione dai familiari.
Studiare il comportamento infantile all’interno dei confini di una sola cultura comporta il rischio di considerare fisiologico e naturale ciò che in realtà è il frutto di adattamento ed apprendimento culturalmente indotti. Le condizioni in cui nella nostra società è normalmente richiesto ad un bambino di addormentarsi e di dormire per tutta la notte, cioè da solo nel proprio letto e nella propria stanza, con i genitori che dormono insieme nel lettone in un’altra stanza, sono una caratteristica peculiare della nostra società e dei nostri tempi e rappresentano una rivoluzione nelle abitudini del sonno nella storia dell’uomo.

Fisiologia dello sviluppo del sonno e suoi disturbi
Lo sviluppo del sonno inizia in utero, dove il feto ha dapprima un’alternanza di attività e riposo (Basic Rest Activity Cycles, BRAC), con una periodicità tra 40’ e 60’, simile a quella dei futuri cicli di sonno. Nella seconda metà della gravidanza è riconoscibile un’alternanza tra sonno e veglia con un bioritmo che è sincronizzato sulle 24 ore da fattori materni, tra cui i più rilevanti sono la melatonina, il cortisolo, la glicemia, la temperatura, le contrazioni uterine ritmiche (quelle fisiologiche che avvengono durante la gravidanza). A termine della gravidanza sono ben differenziati gli stati di sonno attivo (con presenza di movimenti oculari rapidi o rapid eye movement, R.E.M., movimenti corporei, irregolarità della frequenza cardiaca e respiratoria) e di sonno quieto (frequenza cardiaca e respiratoria regolari, rari movimenti corporei, tipo startles o salve di suzione, movimenti oculari lenti o assenti). Un ciclo di sonno, cioè il periodo costituito da una fase di sonno attivo (che dura 25’-35’), seguita da una di sonno quieto (circa 20’), dura tra 40’ e 60’ (nell’adulto è circa di 90 min). Un neonato dorme circa 15-16 ore al giorno, con notevoli differenze individuali (da 12-13 a 20-21 ore); il sonno è frammentato in periodi di 3-4 ore (da un minimo di 20-30 min ad un massimo di 5-6 ore) e, sganciato dalle influenze materne, non ha un ritmo circadiano (cioè di 24 ore), ma un ritmo ultradiano di circa 25 ore (o free-running). Il primo segno di un ritmo circadiano nel comportamento avviene a 2-3 settimane di vita, con la comparsa di un periodo di maggiore attività serale (tra le 17 e le 22), talvolta con agitazione e pianti inconsolabili (coliche). A 6 settimane vi è un graduale aumento dei periodi di sonno notturno, che si consolidano a 2-3 mesi. Tra 3 e 4 mesi il bambino sincronizza i ritmi endogeni con i ritmi esterni, tra cui il ritmo luce-buio, quest’ultimo grazie alla secrezione di melatonina che diviene significativa a questa età (e si accompagna alla cessazione delle coliche). A questa età il bioritmo circadiano è ben consolidato, determinato dai ‘datori di tempo’ esterni (zeitgebers), costituiti, oltre che dal ritmo luce-buio, dal ritmo dei pasti e dalla ritmicità e qualità delle attività sociali.
Il periodo che va da 2 a 4 mesi è cruciale per l’instaurarsi di una buona ritmicità circadiana e di una regolarità dei pasti e del sonno. L’acquisizione di una ritmicità circadiana sincronizzata alle abitudini sociali è un meccanismo appreso, condizionato dalla qualità della relazione con l’adulto allevante; questi funziona da guida: maggiori la fiducia, l’autostima e la sicurezza in se stessi, maggiore sarà la coerenza del proprio comportamento e quindi l’aiuto offerto al bambino nella maturazione e stabilizzazione dei propri bioritmi. Tutto ciò è influenzato anche dalle caratteristiche individuali del comportamento neonatale così come dal sistema genitori-bambino, che mostra un’unicità fondata su specifiche modalità interattive individuali dipendenti dall’incontro di singole attitudini relazionali.

Sapersi riaddormentare
Lo sviluppo del sonno segue anche le fasi del normale sviluppo psicomotorio, in particolare della maturazione del processo di separazione-individuazione, poiché l’addormentamento è un momento di separazione dal genitore e dall’ambiente.
A partire dai 4 mesi molti lattanti hanno bisogno di risvegliarsi nelle stesse condizioni fisiche in cui si sono addormentati, altrimenti inizieranno a chiamare sia per essere rassicurati della presenza della madre che per potersi riaddormentare. Tutti i lattanti si svegliano mediamente 2-3 volte per notte, ma la differenza principale è fra chi chiama per essere aiutato a riaddormentarsi (signalers) e chi non ha necessità perché sa riaddormentarsi da solo. Il problema non è più quello della brevità o irregolarità delle fasi di sonno, ma quello di sapersi riaddormentare. Tali aspetti si accentuano a 6-7 mesi, quando la maturazione dell’atteggiamento verso l’estraneo e quindi nelle separazioni dall’adulto, rende il sonno del bambino ancora più dipendente dalle modalità di addormentamento. Se durante i periodici e naturali risvegli il bambino trova tutto come era al momento dell’addormentamento (l’ambiente, l’oscurità, il lettino, la copertina, il peluche, il succhiotto...), tornerà a dormire più facilmente. Ciò lo aiuterà anche a prevedere ciò che avverrà al suo risveglio e quindi ad accettare meglio il primo addormentamento serale. Il contrario accadrà di fronte all’incostanza e quindi all’imprevedibilità dei comportamenti dei genitori, con aumento della ‘lotta’ del bambino contro il primo addormentamento serale (da difficoltà di separazione), un minor approfondimento successivo del sonno ed una maggiore difficoltà nel riaddormentarsi e nella maturazione della sicurezza interna del bambino, che si fonda sulla conoscenza, prevedibilità e padronanza delle modalità di addormentamento.
In pratica, mentre fino a 2-4 mesi i disturbi del sonno saranno principalmente dovuti ad un disturbo nella maturazione dei bioritmi circadiani, dai 4 mesi e ancor più dai 6-7 mesi gli aspetti legati alla maturazione della sicurezza nella separazione dall’adulto allevante e quindi nella maturazione del Sé diventano aspetti prioritari. Naturalmente una buona maturazione dei bioritmi facilita lo sviluppo successivo.
Ad ogni età inoltre la qualità del bioritmo circadiano e del sonno è influenzata da fattori individuali (costituzione, temperamento, esperienze pre- e perinatali), ambientali e relazionali (salute materna, relazioni familiari, ritmi e ‘routines’, esperienze ‘stressanti’ ecc.), così come da altri fattori organici (malattie, difficoltà respiratorie, allergie, intolleranze, cibo ecc).
Altre fasi di difficoltà nel sonno possono manifestarsi nei momenti che precedono un ‘salto’ nello sviluppo psicomotorio, come l’acquisizione della deambulazione autonoma, o di nuove capacità linguistiche o cognitive (vedi i Touchpoints di Brazelton), in cui il bambino può transitoriamente manifestare una fase di disorganizzazione del comportamento con irritabilità e difficoltà a mantenere il sonno. Oppure tra i 18 e 24 mesi, la fase dell’ambivalenza in cui si mescolano curiosità e paura, tendenza a rendersi più indipendente e allo stesso tempo ad essere più attaccato. Mentre a 3 anni matura una maggiore tolleranza alle frustrazioni e alle separazioni, anche se con notevole variabilità individuale. I rituali tendono a diventare più elaborati, poi verso i cinque anni inizia una diminuzione delle difficoltà. Quando diventano più indipendenti i bambini creano rituali personali senza coinvolgere i genitori, anche se continuano a poter avere paure al momento di andare a letto e cercano soluzioni che creano un senso o un’illusione di protezione.

Aiutare il sonno dei bambini
Aiutare a dormire bene vuol dire quindi favorire nel bambino la maturazione e la stabilizzazione di un buon bioritmo circadiano e del processo di individuazione-separazione. Gli aspetti principali sono quelli di promuovere nei genitori il rinforzo dell’autostima e sicurezza nelle proprie competenze genitoriali, nonché la loro consapevolezza del ruolo di guida e di insegnamento per lo sviluppo del bambino. Ciò favorirà la coerenza dei comportamenti genitoriali, che aiuteranno il bambino ad apprendere regole e limiti chiari, a maturare abitudini regolari, basi per poter prevedere e quindi gestire autonomamente il proprio comportamento notturno.
Per noi operatori è buona regola avere un atteggiamento empatico verso i genitori, di rispetto e sostegno per le loro capacità e conoscenze del bambino (sono gli unici veri esperti!), non dare giudizi di valore su comportamenti di cui non conosciamo le motivazioni, proponendo, se valutate opportune, possibili scelte di comportamento verso il bambino basate su spiegazioni chiare del perché e su obiettivi a breve termine per loro condivisibili.
In questo contesto è utile anche aiutarli a comprendere la natura del sonno e delle difficoltà del bambino, evidenziando le differenze rispetto a comportamenti apparentemente simili dell’adulto (pensiamo a quanti genitori richiedono l’uso di ipnotici per ‘far dormire’ il bambino, analogamente a come farebbero in un adulto insonne, e purtroppo a quanti pediatri acconsentono a tale richiesta!). Anche sensibilizzare i genitori verso le caratteristiche individuali del comportamento del bambino, discutendo alcuni comportamenti difficilmente interpretabili nei primi 2-3 mesi di vita (il significato del pianto, le ‘coliche’, le modalità consolatorie…), può essere per loro di grande aiuto e facilitarli poi nel processo di maturazione e separazione dal bambino.
Non sono tanto importanti i comportamenti attuati, quanto la loro motivazione ed il loro significato. Alcuni genitori si sentiranno meglio con il bambino nel lettone fin dalla nascita, altri lo saranno facendo il contrario. I bambini hanno bisogno di una guida coerente e sicura e le loro capacità di adattamento sono ben superiori a quelle degli adulti. Hanno bisogno di un ambiente che fornisca loro quell’affetto ed aiuto necessario per crescere e svilupparsi, specie nei momenti di cambiamento (di luogo, o di ruolo, come nella nascita di un fratellino, l’inserimento in comunità infantile, l’acquisizione di nuove funzioni nello sviluppo ecc.).
Tradotti in pratica questi sono i concetti generali più importanti:
-è utile fin dai primi tempi accudire in modo coerente e prevedibile il neonato, partendo dai suoi segnali comportamentali, ma sapendo che la madre è la guida che promuove nel neonato la capacità di ritrovare una ritmicità circadiana (di 24 ore) nel corso delle prime 6-8 settimane.
-tra i 2 ed i 4 mesi va instaurata, se non è già presente, una maggiore regolarità negli orari, aiutando il bambino ad imparare a fare il sonno più lungo di notte, abituandolo ad iniziare tale sonno intorno ad un orario stabile (di solito tra le 11 e le 1 di notte); il bambino che a 4 mesi ha ritmi di alimentazione e sonno prevedibili sarà certamente un migliore dormitore in futuro.
-dai 4 mesi il rituale di addormentamento assume maggiore importanza: la regolarità delle routines di addormentamento, il loro contenuto, la loro flessibilità, il fatto che il bambino ne sia via via più protagonista, il far sì che il bambino si risvegli nella stessa condizione in cui si è addormentato e si abitui a gestire maggiormente da solo l’addormentamento, sono gli aspetti più rilevanti.
-prima dei sei mesi tutto questo si può insegnare a farlo e porre quindi solide basi per prevenire successive difficoltà nel sonno.
Ma anche la cura dei disturbi successivi, che non sono stati prevenuti o che comunque si sono manifestati, segue gli stessi principi; dopo aver escluso possibili cause organiche, tra cui l’allergia alle proteine del latte vaccino ed il reflusso gastroesofageo. Il trattamento prevede gli stessi principi visti, con la unica maggiore difficoltà di dover puntare a cambiare abitudini ormai radicate (come l’addormentarsi in una situazione molto diversa da quelle in cui il bambino si trova al risveglio, in particolare se l’addormentamento prevede un contatto fisico diretto ed una passività del bambino, che poi si sveglia solo ed ‘abbandonato’ nel lettino). Utile in questo caso anche un cambiamento del setting (letto nuovo, diversa stanza o diverso ambiente, come durante una vacanza) che rende più facile l’acquisizione di nuove abitudini che si fondano su associazioni con aspetti ambientali. E, nei casi più difficili, anche l’uso di farmaci che facilitano la transizione al sonno ed il suo approfondimento, coma la niaprazina, ma solo per il tempo necessario per raggiungere l’obiettivo di promuovere la regolarità dei ritmi del sonno ed aiutare il cambiamento delle abitudini dell’addormentamento.
A partire dal 2° anno può essere utile l’uso dell’oggetto transizionale, così come la possibilità di orientarsi maggiormente durante un risveglio (non ritrovarsi completamente al buio).

I bambini richiedono un maggiore aiuto in alcune fasi normali della crescita: da parte dei genitori fornire il nutrimento affettivo che sembra loro necessario per il proprio figlio, con un comportamento coerente volto a farlo diventare più fiducioso nei propri mezzi, non costituirà mai un rischio di “viziarlo”. Molti genitori, dopo pochi anni guarderanno con tenerezza e a volte anche con nostalgia i lunghi momenti passati accanto o nel letto col proprio bambino per aiutarlo ad addormentarsi e dormire.
Gherardo Rapisardi (articolo pubblicato sul Il Nuovo anno 7 n° 2)

venerdì, marzo 10, 2006

Un corso di auxologia a Buenos Aires - Dir. H. Lejarraga

SERVICIO DE CRECIMIENTO Y DESARROLLO
Centro Colaborativo de la O.M.S. En Crecimiento Físico y Desarrollo Psicosocial
Centro Colaborativo de la O.M.S.
En Crecimiento Físico y Desarrollo Psicosocial




MANEJO ESTADÍSTICO DE DATOS DE CRECIMIENTO FÍSICO Y DESARROLLO PSICOMOTOR.

CURSO CORTO DIRIGIDO A AUXÓLOGOS, PEDIATRAS, NUTRÓLOGOS, NUTRICIONISTAS, ENDOCRINÓLOGOS, BIÓLOGOS, EPIDEMIÓLOGOS, ESPECIALISTAS EN SALUD PÚBLICA Y EN
BIOESTADÍSTICA
Docentes:

Tim Cole. Institute of Child Health. Universidad de Londres, UK
Roland Hauspie. Dep. de Antropogenética. Univ Libre de Bruselas. Bélgica.
Diana Kelmansky. Instituto de Cálculo, Ciencias Exactas. UBA.
Horacio Lejarraga. Crecimiento y Desarrollo. Hospital Garrahan
Silvia Caíno. Crecimiento y Desarrollo, Hospital Garrahan

Organizado por: Servicio de Crecimiento y Desarrollo
Hospital Garrahan. Buenos Aires. Argentina
Centro Colaborativo de la OPS/OMS.
Idioma: español
Fecha: 5 al 7 de Junio , 2006 Horario: 8:30 a 17 Hs
Lugar: Hospital Garrahan 2do piso, aula G-H
Inscripción: (ver ficha de inscripción más abajo, al final de este documento) Fundación Garrahan
http://www.fundaciongarrahan.org.ar/cursomanejoestadistico.doc
Arancel inscripción: 100 U$S (cien dólares) ó $300 (trescientos pesos argentinos).

Curso apoyado por la Representación Argentina de la Organización Panamericana de la Salud OPS/OMS.
Dirección del Curso: Horacio Lejarraga. Hospital Garrahan
Diana Kelmansky. Universidad de Buenos Aires.
Coordinación: Virginia Fano vfano@garrahan.gov.ar
Secretaria Científica: Mariana del Pino mdelpino@garrahan.gov.ar
Crecimiento y Desarrollo. Hospital Garrahan. Combate de los Pozos 1881. (C1245AAM) Buenos Aires, Argentina. (54-11)4308-5323 www.garrahan.gov.ar/servicio/cursomanejoestadistico

Relevancia del tema.
El análisis estadístico de la información sobre crecimiento físico y desarrollo psicomotor es una herramienta de gran eficacia para la investigación en fisiología del crecimiento, para el estudio del crecimiento y desarrollo en individuos y en grupos de población, para la evaluación del impacto de intervenciones, y en el área de la salud pública en la que el crecimiento y el desarrollo son los indicadores positivos de salud infantil más eficaces y costo / efectivos. El crecimiento y desarrollo es el espejo de la sociedad.

Objetivos: Capacitar a los participantes a describir los principales problemas estadísticos relacionados con el estudio y la investigación en crecimiento y desarrollo infantil, y elegir los métodos de análisis más adecuados para su solución.

Programa Científico

Día 1 (5 de Junio)

El significado biológico, médico y epidemiológico del crecimiento y desarrollo humano. La medición del crecimiento físico, del desarrollo psicomotor, y de la maduración.

Métodos de estudio de curvas individuales de crecimiento.
El ajuste de curvas, enfoques paramétricos y no paramétricos para el estudio del crecimiento individual. Regresión no lineal. El ajuste de partes de la curva de crecimiento (infancia, edad escolar, adolescencia), y de todo el ciclo de crecimiento desde el nacimiento hasta la madurez.

Parámetros biológicos derivados del ajuste de curvas (edad, tamaño y velocidad al despegue del empuje puberal de crecimiento, pico de velocidad máxima, tamaño adulto, etc.). La curva constante media y su relación con el crecimiento promedio.

Planteo de problemas (prácticos o teóricos) por parte de la audiencia.

Crecimiento físico basado en mediciones diarias. Diferentes métodos para su análisis: saltos, stasis y crecimiento continuo. Procedimientos de suavizamiento clásicos (Hermanussen, Lampl), y métodos preservadores de saltos.

Día 2: (6 de Junio) Estudio del crecimiento en grupos de población

Muestras para estudios de crecimiento. Estudios transversales y longitudinales.

Formas de resumir los datos. Referencias y estándares. Tablas para la evaluación del crecimiento y nutrición, prescriptivas y descriptivas. El método LMS.

Gráficos para la evaluación de velocidad de crecimiento. Análisis de datos longitudinales de crecimiento.

Planteo de problemas (prácticos o teóricos) por parte de los participantes.

Crecimiento en enfermedades crónicas. Diseños experimentales.

Día 3: Análisis de datos de desarrollo psicomotor.

Métodos de recolección de la información.

Análisis de datos recolectados en estudios transversales: Regresión logística. Método de estimación de los parámetros del modelo. Evaluación de la calidad del ajuste. Por qué es necesario utilizar transformaciones de la variable edad. Test de Hosmer Lemeshow. Test de la deviance. Percentiles empíricos y percentiles estimados mediante el modelo logístico.

Análisis de datos longitudinales: Modelos de falla de tiempo y otros modelos. Estimación de valores centrales y variación individual de tiempo transcurrido entre dos eventos madurativos secuenciales.

La medición del “tempo madurativo” en desarrollo psicomotor.

Planteo de problemas de parte de la audiencia.
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FORMULARIO DE INSCRIPCIÓN

Fundación Hospital de Pediatría “Prof. Dr Juan P. Garrahan”
Combate de los Pozos 1881, piso 2. (C1245AAM) Buenos Aires, Argentina
TE/FAX: (54-11) 4308-3731/ 3106
www.fundaciongarrahan.org.ar/cursomanejoestadistico
info@fundaciongarrahan.org.ar

Apellido y nombre: Profesión:
Institución:
Dirección postal:
Ciudad: País:
E-mail:

Inscripción: U$S 100 (dólares cien) o $ 300 (pesos argentinos trescientos)
Formas de pago:
· Pago en efectivo (dólares o pesos) en la sede de la Fundación Hospital de Pediatría
· Pago con cheque en pesos de banco local a la orden de la Fundación Hospital de Pediatría (solo para residentes en Argentina)
· Cheque o giro bancario sobre banco USA a la orden de la Fundación Hospital de Pediatría, por correo o en la sede de la Fundación
· Con tarjeta de crédito, enviando este formulario por FAX a la Fundación (54-11) 4308-3731/3106 Interno 11.
¡ NO enviar este formulario con el número de tarjeta por e-mail !
ESTA OPCIÓN ES VÁLIDA SOLO PARA TARJETAS EMITIDAS EN LA REPÚBLICA ARGENTINA

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Creazionismo e evoluzione

All’evoluzionismo si contrappone il creazionismo, che sta alla base di movimenti, soprattutto religiosi, che negano alla teoria di Darwin, e alla sua espressione moderna, validità scientifica. Negli ultimi mesi il dibattito “evoluzionismo-creazionismo” si è sviluppato in particolare negli Stati Uniti (il presidente Bush ha invitato le scuole a insegnare sia l’evoluzionsmo sia il creazionismo), e si è vivacizzato anche in Europa.
Il creazionismo si è identificato per molto tempo con la credenza che la creazione si sia svolta letteralmente secondo il testo biblico della Genesi per i cristiani e gli ebrei, e letteralmente come è descritto nel Corano per i mussulmani. Nei secoli XVII, XVIII e XIX si sono cominciati a notare motivi di conflitto fra il concetto di creazione e le osservazioni di storia naturale e cosmologiche degli scienziati. Al tempo stesso si sono andati sviluppando vari “tipi di creazionismo” oltre a quello appena detto che si rifa letteralmente a testi sacri, e che sostiene, sulla base della Bibbia, che ogni specie di pianta e di creatura è stata creata circa 8-10.000 anni fa da un essere superiore – Dio – nell’arco di una settimana. Secondo una diversa teoria creazionista, la terra è molto più vecchia e ciò che è scritto nella Genesi non va preso alla lettera: per alcuni vi sarebbe stata una originaria creazione poi distrutta da un cataclisma e sostituita con una seconda creazione; secondo altri i sei giorni della genesi sono in realtà sei lunghi periodi, anche di milioni di anni; secondo altri ancora si deve pensare a un “creazionismo progressivo”, cioè le specie evolvono in un processo continuo costantemente guidato da Dio.
In epoca recente, si è sviluppato un movimento che sostiene l’esistenza di un “disegno intelligente” alla base della storia naturale. Ne ha parlato questa estate in vari articoli anche il New York Times.
Un gruppo di scienziati, che seguono questo indirizzo, dice che il “disegno intelligente” rappresenta un più sofisticato e quindi più seducente attacco all’evoluzionismo. A differenza dei creazionisti – scrive il New York Times – coloro che propongono questo approccio accettano molte delle conclusioni della scienza moderna. Essi sono d’accordo con i cosmologi che l’età dell’universo è di 13,6 miliardi di anni e non di circa 10.000 anni, come suggerirebbe la Bibbia. Essi accettano l’idea che la mutazione e la selezione naturale abbiano agito su modificazioni minori; alcuni seguaci di questo indirizzo concordano anche con l’opinione che tutte le specie derivino da un comune antenato, che è idea centrale dell’evoluzionismo. Ma in ogn caso, il “disegno intelligente” presuppone la presenza di Dio.

giovedì, marzo 09, 2006

Crescita e cultura affettiva

Nell’ottica di una visione globale dello sviluppo fisico e psichico, ci si chiede se la dimensione psicodinamica può influenzare aspetti maturativi somatici.
Realtà esterna e realtà interna.
Per un bambino che nasce e si sviluppa, il primo ambiente – lo sappiamo - è la madre, poi il padre, e i fratelli e così via, in un allargamento sempre maggiore del contesto. Questa rete di relazioni, vissuta quotidianamente, viene registrata nel mondo interno per cui la realtà esterna diventa realtà interna. Cosicché, ogni persona conterrà una famiglia interna, la quale, non sarà esattamente il duplicato della famiglia esterna, ma una immagine di essa modificata dalle emozioni personali suscitate nell’incontro con i singoli membri della famiglia nella realtà. Il mondo interno è altamente complesso, popolato da figure buone e cattive, in costante statodi alleanza o di conflitto, figure che influenzano i nostri rapporti con i personaggi del mondo esterno, che incontriamo nel corsodella crescita e poi nella vita adulta. La crescita fisica, quindi, è sempre accompagnata, anzi è sempre anche una crescita relazionale.

mercoledì, marzo 08, 2006

Ogni anno, migliaia di bimbi muoiono in casa...

L’album de Il Nuovo
a cura di Gianpaolo Donzelli
L’ambiente domestico è ricco di pericoli
Almeno 8.440 morti / anno: il 54% di età compresa tra 0 e 18 anni

Da 0 a 1 anno:
• Soffocamento - coperte, cuscini...
• Strangolamento - catenine, bavaglini...• Avvelenamento - scambio di farmaci...
• Cadute - fasciatoio, carrozzine...

Da 1 a 4 anni:
• Cadute
• Avvelenamento - farmaci, prodotti per uso domestico, per uso lavorativo o per hobbies, piante da appartamento e da giardino
• Ustioni e folgorazioni
• Soffocamento
• Tagli e ferite

Da 5 a 9 anni:
• In questa fascia di età i bambini più grandi cominciano ad essere responsabili di quanto succede, è necessario pertanto non solo sorvegliare, ma fornire nozioni di sicurezza e la coscienza del pericolo
• le cause sono più o meno le stesse della fascia 1 - 4 anni. In questa fascia di età la responsabilità dell’infortunio è esclusivamente degli adulti. È purtroppo la norma in quasi tutte le case tenere i farmaci sul comodino o nella borsa, i detersivi sotto il lavello della cucina o il lavandino del bagno. Vi è poi la pessima abitudine di mettere sostanze pericolose in bottiglie o altri contenitori che normalmente contengono acqua o altre sostanze non pericolose.
• Non travasare mai nessun prodotto chimico (es. candeggina, detersivo, liquido, ecc) in bottiglie di acqua minerale, bibite, latte o succhi di frutta: è facile dimenticarsene o confondersi
• Non trasferire i farmaci dalle confezioni originali ai portapillole: potreste non riconoscerli più, e il tuo bambino scambiarli per caramelle
• Conservare in luoghi inaccessibili per il bambino ciò che può essere pericoloso
• Non indurre curiosità per le cose “proibite”
• Non fidarsi delle cosiddette chiusure di sicurezza
• Insegnare al bambino, fin in tenera età, a riconoscere i pericoli. Occorre tanta pazienza, ma è la miglior forma di prevenzione

martedì, marzo 07, 2006

Un vaccino per l'infanzia

Così recita un editoriale del Lancet del 1994:
“Se si rendesse disponibile un nuovo vaccino che prevenisse un milione o più di morti infantili all’anno, e che fosse oltretutto poco costoso, sicuro, somministrabile per bocca, e non richiedesse catena del freddo, diventerebbe immediatamente un imperativo di salute pubblica. L’allattamento al seno può fare questo ed altro, ma richiede una sua “catena calda” di sostegno e cioè assistenza competente alle madri perché possano avere fiducia in se stesse e per mostrare loro cosa fare, e protezione da pratiche dannose. Se questa catena calda si è persa nella nostra cultura, o ha dei difetti, è giunto il tempo di farla funzionare”.